Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto … eppure … penso che anche questa spietata durezza cesserà…». Queste parole – scritte da Anna Frank nel lontano 1944 – mi sembrano tornate di straordinaria attualità. Il deserto verso cui stiamo precipitando è la costruzione di una società, caratterizzata dalla mancanza di valori e di limiti di qualsiasi tipo. La speranza è che si riesca a invertire la rotta prima che sia troppo tardi.
Cecilia Pellegrini
Manca il perseguimento di molti valori, manca il rispetto di molti limiti. Ma non siamo all’anno zero. Cupo, senz’orizzonte, privo di speranza.
Prendiamo le elezioni amministrative, alcune concluse e altre ancora da concludersi con i ballottaggi. Si sono viste facce nuove, individuate idee fresche, scoperta la voglia di partecipare. Non è vero che tutto è sbagliato, tutti si ritirano, tutto il nostro piccolo mondo è da buttare. Affiora, nel deserto del pessimismo, qualche oasi ottimistica, ed è il caso di non trascurare questa geografia, diciamo così, dello spirito. Perché da qui, solo da qui, può venire il rilancio autentico, duraturo, di prospettiva. Perciò è giusta l’analisi sull’involuzione che ha caratterizzato la società negli ultimi due decenni (specialmente nell’ultimo), ma è sbagliato giudicare irrimediabile la situazione. Ci sono forze attive, nella società, in grado di rimuovere quelle passive che l’hanno ingrigita sino a farla precocemente arrivare alla soglia del declino. Sono le forze tenute rigorosamente in disparte dalle nomenklature di vario genere, e che la volontà popolare – in un soprassalto di lucidità storica – sta legittimando ad assumere la guida di diverse realtà locali. Il cambiamento di per sé può non essere un valore positivo, ma la spinta concreta al cambiamento sì: significa mettere in circolo un’energia vitale, ed è quanto basta per farci uscire dall’assopimento politico che ci ha presi da tempo. Per farci staccare dallo scoglio della pigrizia culturale (dell’egoismo sociale) cui siamo ormeggiati.
Max Lodi
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