Il ds Milanese e la finalissima “Io, cavallo pazzo del Varese”

Una partita in un fotogramma: la corsa folle di Mauro Milanese, ad esultare per il gol di Terlizzi, iniziata nel tunnel degli spogliatoi e finita in mezzo al campo. Nonostante l’espulsione, nonostante l’ordine tassativo del quarto uomo di andare in tribuna, nonostante tutto quanto.

Milanese, ci racconti quella scena.
Sono stato espulso, più o meno in occasione del rigore chiesto dal Verona. Io me la sono presa comoda, sono uscito lentamente, come se fossi stato in campo e avessi voluto perdere tempo.

Poi?
Mi sono messo all’imbocco del tunnel che conduce agli spogliatoi, ma mi hanno intimato di andare via almeno tre o quattro volte: lì non ci potevo stare, e il procuratore federale mi ha ordinato di andare in tribuna.

E lei ci è andato?
Ho detto agli steward che avrebbero dovuto accompagnarmi di andarci loro, in tribuna: con la cravatta biancorossa e la giacca con lo stemma del Varese, con lo stadio che mi insultava dall’inizio della partita. Andateci voi, gli ho detto.

E loro?
Sono stati dei grandi. Mi hanno detto di restare pure lì ma di non fare casino, di stare nascosto dietro a loro perché altrimenti li avrei messi in difficoltà: ho promesso che sarei stato bravo.

E invece?
E invece, ho tradito la promessa fatta. Al gol di Terlizzi non ho capito più nulla, il vecchio Mauro “Cavallo Pazzo” Milanese dei tempi in cui giocavo è tornato fuori, e sono schizzato in campo per festeggiare. Ancora, come se fossi stato un giocatore. Come se avessi segnato io.

E dopo il gol, dove si è messo?
Dopo che ho tradito la fiducia dei miei amici steward, sono dovuto entrare negli spogliatoi: ho visto gli ultimi minuti in tv, e verso la fine sono tornato fuori. Ma non ero più solo, perché nel frattempo dalla tribuna erano scesi tutti i giocatori che non erano stati convocati. Pronti a entrare in campo per festeggiare.

Fischio finale.
Ho perso la testa: Cavallo Pazzo, seconda parte. Per la prima volta da quando sono qui al Varese, sono andato a festeggiare sotto la curva.

Francesco Caielli

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