Varesino in fuga dal terremoto «Non si vive e non si mangia più»

VARESE Si rifugiano a Varese per scappare dal terremoto. Dopo le tre scosse di una settimana fa Vincenzo Pacillo, con la moglie Cristina e la figlia Caterina di quattro anni, ha deciso fare ritorno a Varese. Una giovane famiglia cresciuta nella città giardino si è trovata in mezzo al terremoto che da quindici giorni a questa parte affligge la Pianura Padana. Sì, perché coinvolte dal sisma che sembra non finire mai non ci sono solo località dell’Emilia Romagna, ma anche il basso mantovano. San Giacomo delle Segnate, al confine con il modenese, è tra i paesi più colpiti. E proprio lì si sono trasferiti i coniugi Pacillo nel 2005, quando Vicenzo, oggi 40 anni, ha vinto la cattedra di diritto ecclesiastico e canonico dell’università di Modena.«Tornerò io appena riaprirà l’università, ma moglie e figlia resteranno finché la situazione non si sarà stabilizzata». E intanto si è munito di tenda perché al rientro non ha intenzione di starsene in casa ad aspettare una nuova scossa. «Nessuno ormai per la paura dorme in casa. La tendopoli di 250 posti fornita dalla Regione è tutta occupata e molti quartieri, come il mio, si sono organizzati con tendopoli autonome. Se la terra non smette di tremare è difficile pensare alla ricostruzione

e alle verifiche di agibilità, che pure sono state fatte. Con ogni nuova scossa si riparte da capo».A San Giacomo delle Segnate la situazione resta dunque molto dura perché il centro storico non esiste più, è tutto zona rossa, le uniche case rimaste in piedi sono quelle di più recente costruzione un po’ fuori, tra cui casa Pacillo. Ma i problemi più grossi sono legati agli edifici civili: «Tutte le scuole sono saltate, così come il municipio e i simboli della città. E poi le chiese, nessuna è più agibile». Uno dei problemi più grandi, oltre alla distruzione, è lo stress da scossa. «L’angoscia è snervante perché le scosse sono molte di più di quelle che fanno notizia. È uno stillicidio: non sai quando monta, se è forte o leggera. Non riesci a dormire, a mangiare. È difficile soprattutto per i bambini. Quelli che hanno potuto sono andati via, altri purtroppo sono nelle tendopoli. Mia figlia esorcizza la paura facendo il “gioco del terremoto”».Intanto l’amministrazione comunale ha aperto un conto corrente per chi vuole dare un aiuto a “San Giacomo aperta” (Iban IT36 D01030579300000 10147424).«A San Giacomo c’è gente meravigliosa, cordiale, con una voglia di ripartire incredibile, se solo le scosse si fermassero si rimetterebbe in piedi».

s.bartolini

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