Furia omicida per un caffè Giovanni: «Pentito? No»

VARESE Una tazzina di caffè. Una banale, maledetta tazzina di caffè. Sarebbe stata questa la scintilla che ha fatto esplodere la rabbia assassina covata da Giovanni Basile, l’uomo di 45 anni che venerdì mezzogiorno ha ammazzato a mani nude il fratello Massimo, di sei anni più giovane. L’assassinio è avvenuto a Calcinate del Pesce, in una casetta schiera in via del Riveccio 23/B.A causa dell’acquazzone, Basile (che stava lavorando nell’orto di una vicina di casa) era rientrato nell’appartamento che condivideva con Massimo e con la fidanzata di lui, Consuelo.Giovanni era tornato a tornato a vivere lì da una decina di giorni: prima aveva provato ad abitare in un monolocale di Gazzada Schianno, ma non ci voleva più stare.La convivenza però era a dir poco complicata. Giovanni si lamentava in continuazione, accusava il fratello e Consuelo dei più inverosimili dispetti, come quello di spostargli gli oggetti e i mobili in quella parte di casa che reputava sua.Sarebbe stata infine proprio la semplice, innocente proposta di Consuelo di preparare un caffè a fare uscire di senno Giovanni. Questi avrebbe iniziato a inveire, urlando che la cucina, in quell’immaginaria spartizione dell’alloggio che aveva preso possesso della sua testa, spettava a lui. È possibile che Massimo abbia cercato di convincerlo dell’irragionevolezza della pretesa. Ma il tentativo di conciliazione ha avuto l’effetto opposto rispetto

a quello sperato. Giovanni ha afferrato il fratello e l’ha scaraventato a terra. Gli è montato sopra, gli ha più volte sbattuto la nuca sul pavimento. Gli ha tempestato il viso di pugni. Quindi gli ha stretto le mani al collo fino a quando Massimo non ha più respirato.Sarà l’autopsia a stabilire con esattezza le cause della morte del 39enne. Se, cioè, la vittima è morta per lo schiacciamento della trachea e per la conseguente soffocamento; oppure per un’emorraggia cerebrale provocata dai colpi alla nuca e al volto. Il sostituto procuratore Luca Petrucci disporrà l’esame necroscopico all’inizio della prossima settimana: ma non sarà certo l’esito a segnare il destino processuale di Giovanni. Petrucci predisporrà anche un esame psichiatrico. Tutto lascia supporre che l’omicidio sia stato scatenato da un raptus. Chi conosce Giovanni lo descrive come una persona affetta da pesanti problemi mentali che, all’improvviso, trasformerebbero un uomo d’indole fondamentalmente tranquilla in un bruto violento. Bisognerà accertare se, come pare, avesse già subito più di un trattamento sanitario obbligatorio; e anche se era sottoposto a cure farmacologiche.Quando è stato sentito dal magistrato, Giovanni è apparso lucido nella sua follia. «Sì, ho ucciso mio fratello – ha ammesso – ma non sono pentito. L’ho fatto per il bene della società». Poi ai carabinieri increduli ha domandato: «Adesso posso tornare a casa?».

s.bartolini

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