Calcio, il Varese parte col botto 2-0 all’Ascoli e lo spirito giusto

VARESE Tre punti attesi tre mesi. Soffiati dal vento, portati dalla pioggia che cancella i fantasmi della finale. L’ossatura del sogno è intatta, Neto e Zecchin sono sempre la nostra differenza che gli altri non capiranno mai.

Manteniamo la qualità, ritroviamo la fame, anche se mancavano due grandi giocatori: Corti e il prossimo acquisto Kone. Noi ci auguriamo che arrivi davvero: l’ivoriano può fare anche l’esterno, corre, è completo: più un tuttofare che un interditore. Prendete la partita di ieri, risolta dalle trottole di Zecco e Neto: sarebbe finita quattro o cinque a zero, se ci fosse stato anche quell’uomo martello, quell’uomo coltello capace di dare anche cinismo, di picchiare duro e portare via gli uomini.

Contava solo vincere. Castori ha in mano la squadra, s’è visto, perché abbiamo provato a vincerla e a chiuderla fino al 94′: con molte assenze, molte scommesse, molto cuore.

Dopo Neto, grande Filipe: tiene le redini con leggerezza, senza apparire, solo testa alta e palla bassa, alza il gioco. Dà tranquillità. Assomiglia a Frara: geometrie e ordine, per le invenzioni siamo già attrezzati. Che sorpresa, Kink: tiro alla Carrozza, azione alla Rivas; converge di destro, sventola di sinistro.

Nel primo tempo si era già capito tutto. Superiorità schiacciante nel gioco, sospinti dalla parte migliore del vecchio Varese (Neto e Zecchin, acrobati al circo), ma il piacere e il divertimento nel tenere palla o a smazzarla con tocchi raffinati doveva solo trovare la scintilla giusta, poi scoccata dalla prima palla toccata da De Luca.

Da rivedere: Rea e Troest non si chiamano e non si vedono, spesso sulle palle spioventi inciampano o abbattono l’avversario più vicino per paura che l’altro non ci arrivi. Forse non c’è più il vecchio comandante (Terlizzi), ma arriverà quello nuovo (Carrozzieri) a guidarli.

Dei lunghi giorni di vigilia ci hanno colpito due cose. Una l’ha detta Mauro Milanese: «Non sono mica un sito che fa gli aggiornamenti in tempo reale su Ebagua. Se non firma, va in tribuna». Gran risposta, perché, nel nocciolo del discorso ci è sembrato di risentire Sogliano e quella sua autorità tranciante nel difendere solo una cosa. il Varese.

Poi ci ha colpito Castori. La tensione e la semplicità assoluta con cui voleva questa vittoria. Non sarebbe stato facile nemmeno per Mourinho, o per Prandelli, ridare fuoco all’anima di questa squadra, e dell’ambiente, dopo una semifinale e una finale perse. Lui l’ha fatto nel modo più difficile, forse persino violentando l’indole incendiaria: in silenzio, a piccoli e svelti passi. Si è fatto seguire da tutti, uscendo dal solco caratteriale dei suoi predecessori. L’urlo della comunità di San Patrignano ai due gol del Varese lo avrà raggiunto con la furia di Beatrice. Placandolo. E facendolo godere.

Andrea Confalonieri

s.affolti

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