Varese – Fabrizio Castori avrebbe giocato: anche con un metro di neve, anche nel fuoco, anche sotto la tempesta. Fabrizio Castori avrebbe giocato perché certe cose un allenatore le sente, le capisce: avrebbe giocato perché il suo Varese avrebbe tirato fuori una partita da Varese. Facile dirlo ora? Probabile: eppure la sensazione era la stessa per tutti quelli che masticano un po’ l’ambiente biancorosso, di chi è capace di leggere tra le righe di un allenamento. Il Varese sarebbe stato il Varese, e avrebbe vinto.
«Avrei voluto giocare – dice il mister – questo è fuori discussione: perché al di là dei problemi e delle assenze, sentivo che la squadra era pronta. Questo rinvio ci penalizza perché ci taglia le gambe, ci spezza il ritmo: avremmo voluto giocare». Detto questo, c’è poco da girarci attorno: la nebbia era fitta, sarebbe stato insensato fare iniziare una partita che sarebbe poi stata senz’altro sospesa. «Niente da dire: non si poteva giocare e l’arbitro ha preso la decisione più giusta. La sospensione con il Grosseto ci aveva fatto andare fuori di testa perché non aveva senso, questa volta non ci sono discussioni: avremmo giocato solo un pezzo di partita, e a me le gare spezzettate non piacciono. Le partite durano novanta minuti».
Poi c’è sempre chi prova a capire: il rinvio è andato meglio al Varese, no invece è andato meglio al Brescia. «Io – dice Castori – sono fatalista: è andata così, e non serve tornarci sopra. A noi mancavano due attaccanti, a loro due difensori: chi può dire quale fosse la squadra più penalizzata? Io so solo che la squadra che avevo messo in campo era la migliore possibile in questo momento:
ora bisognerà resettare tutto e pensare ad un’altra partita, all’Ascoli». Già, Ascoli: piazza che Castori conosce come le sue tasche e dove Castori è adorato più del sindaco. «Vengono da tre vittorie in fila, sono una squadra in gas e pienamente in condizione: sarà dura, durissima. Anche perché la forza di Ascoli non è solo quella di chi va in campo: la loro forza arriva dalla piazza, dall’ambiente. E’ sempre difficile giocare lì».
E la mente corre a quanto accadde a Cesena, quando all’ex Castori venne riservata un’accoglienza da brividi: «A Cesena – ricorda il mister – rimasi sorpreso: mi aspettavo una targa, un applauso, non certo tutto quello che è successo. Però poi perdemmo, e io subito dopo la partita scherzai dicendo “Due cose belle insieme accadono raramente, questa volta mi devo accontentare dell’accoglienza». Ecco, quindi per Ascoli siamo d’accordo: «Se vale la stessa regola, allora scelgo a occhi chiusi: rinuncio ai cori, agli striscioni e agli applausi. Ma mi prendo la vittoria». E poi, si va in vacanza: «Ne abbiamo bisogno tutti quanti, una decina di giorni per staccare un po’: per quanto mi riguarda, non farò nulla di speciale. Starò con la mia famiglia. Poi, il 9 gennaio, ci ritroveremo tutti a Roma e faremo il ritiro nella capitale». Laggiù, di nebbia, non ci sarà traccia.
Francesco Caielli
p.rossetti
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