Rosati apre il suo libro “Basta debiti, si pensi al futuro”

Antonio Rosati chiude il cerchio, non va in guerra ma dice la sua parola e fa chiarezza sulla cessione della società, sui debiti, sul rapporto con Laurenza e Sogliano. «E poi ricominciamo, il Varese su una nuova strada certamente virtuosa e io sulla mia, anche se i biancorossi saranno sempre una delle mie creature». Il presidente più vincente della storia (in cinque anni due promozioni storiche e tre stagioni in B sognando la A, tra giovani talenti e allenatori lanciati nell’Olimpo) parla dalla sua ditta a Cinisello. Tre i punti principali. La cessione del club: «O una società è sana è devi mettere sul piatto assegni circolari da otto a dieci milioni per comprarla, oppure ha dei debiti strutturali – come tutte, è il mondo del calcio, diverso da quello reale – e te li accolli. Lo scorso giugno a Varese è andata così. Il club è stato acquisito senza che io abbia messo in tasca un euro dal compratore, che però si

è accollato il passivo». Due: «Ho messo sul piatto la possibilità di rientrare in qualunque momento se Laurenza fosse stato in difficoltà nella gestione del Varese, volevo anche andare dal notaio per mettere tutto nero su bianco lo scorso giugno ma, legittimamente, si è preferito non farlo. E si è anche preferito acquisire il 70% del club. Io ero pronto a tenermi il 49%, c’era già un accordo con Nicola ma poi – anche qui legittimamente – è stata seguita una via diversa». Tre: «Io e due amici imprenditori, uno è legato al mondo del calcio da sempre e l’altro è un ex calciatore che ha appena smesso, eravamo pronti a mettere la fidejussione da 800mila euro fino alla sera prima dell’iscrizione, a patto di tornare in controllo della società. Ma poi Laurenza ce l’ha fatta e ne sono felice». E adesso? «Il Varese va per la sua strada e io per la mia, ma chissà… Il mio numero è sempre quello».

Andrea Confalonieri

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