Ormai da più di un anno si parla della crisi economica che ha investito l’Occidente e il nostro Paese. Si dice: “Occorre incentivare la produttività, aumentare il PIL, creare posti di lavoro, esportare di più”.Ma non ho sentito nessuno considerare che, per aumentare il PIL, produrre ed esportare di più, e creare posti di lavoro, occorre sapere cosa far produrre alle nostre aziende. Perchè di questo si tratta; ma, salvo pochissimi settori di eccellenza, non abbiamo nulla che possa reggere la concorrenza dei paesi emergenti con i loro miliardi di persone disposti a lavorare 18 ore al giorno per un
pugno di riso. In pratica i nostri esperti non hanno ancora valutato che è fuori da ogni logica produrre beni che altri già producono a metà prezzo. A mio avviso i due primi interventi che il nostro Governo di tecnici dovrebbe mettere in atto potrebbero essere: mettere i dazi sulle merci importate dai paesi extra-europei (in primis la Cina), e con queste entrate incentivare le nostre imprese. Limitare la immigrazione di manodopera, dando priorità di lavoro ai nostri disoccupati. Ma pare che l’Ue non consenta la prima ipotesi. In quanto alla seconda non mi meraviglierei se qualcuno mi darà del razzista.
Stefano Rovagnati
C’è una terza ipotesi, peraltro già e spesso presa in considerazione nel passato sul nostro territorio: spremersi le meningi, trovare nuove idee, lanciare produzioni innovative, geniali, di nicchia.
Privilegiare la qualità, mettersi in vista sul mercato esterno e non solo su quello interno. Reinvestire gli utili nell’azienda, giovarsi della ricerca, puntare sui giovani. Avere insomma coraggio, lagnarsi di meno e osare di più. Come sentiamo raccontare frequentemente in questi giorni, le crisi sono anche opportunità: basta saperle leggere nella maniera opportuna. Senza aspettare che sia lo Stato a suggerire che cosa fare, ma fare in proprio suggerendo allo Stato di seguire il medesimo modello di comportamento. A ciascuno il suo, senza fronzoli e con qualità.
Max Lodi
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