Sono arrivate le medaglie e la Schiranna non è più la stessa. Gli indizi di una giornata speciale in riva al lago si scoprono strada facendo e uno dopo l’altro, come fosse una caccia al tesoro.
Le macchine: le prime le trovi a lato strada già scendendo da Bobbiate. C’è qualcuno che ha voluto farsi due passi in più piuttosto che rischiare di intasarsi nei pressi del parco Zanzi.
I volontari dei parcheggi sono il secondo indizio: operano lontani dallo spiazzo sterrato nei pressi del quale bazzicavano fino all’altro ieri, pronti ormai ad aumentare il loro raggio di controllo. Già dopo la rotonda ti fermano con zelo chiedendoti cortesemente ragione del tuo passaggio, indicandoti poi il posto più idoneo dove mettere l’auto. Tra cartelli con vergata la scritta “completo”, processioni di tifosi con le gote segnate dai colori della loro bandiera e autobus che arrivano pieni e ripartono vuoti, la Mecca del remo appare dopo una curva, brulicante di vita come non mai.
Ci sono i mezzi della Rai, la ribalta sarà anche televisiva: i volti, ormai noti dopo ore e ore di frequentazione, sono mischiati e poco riconoscibili in mezzo ai carneadi del tifo, ai curiosi, agli addetti ai lavori aumentati in modo esponenziale.
C’è Elia Luini che è tornato alla sorgente delle sue vittorie. Il presidente della federazione Abbagnale ha la cravatta, l’altro olimpionico (e suo vice) Davide Tizzano indossa la giacca: tutti e tre di medaglie si intendono eccome, e conoscono l’abbigliamento giusto per presentarsi ai piedi di un podio.
Prima di vedere i colori, percepisci i suoni: le tribune sono piene zeppe e diventano un mondo a parte. Claque di spettatori con la maglia nera attendono kiwi neozelandesi da celebrare, vicino a teutonici di rosso vestiti che sperano in altre soddisfazioni dopo quelle calcistiche.
L’azzurro degli italiani finalmente non soccombe, dopo giorni in cui le gradinate sono state terra di conquista straniera: ci siamo anche noi, affamati di allori come tutti, forse solo un poco più composti. Per il momento.
Anche i giornalisti hanno abbandonato il media center per una visione in asse con il traguardo: uno sguardo d’insieme non serve più, ora bisogna concentrarsi sull’acqua e sui suoi naviganti.
Dopo una mattinata di finaline di consolazione, l’ora delle verità iridate scatta alle 16.30, con mezz’ora di ritardo rispetto al programma: il lago va ripulito. Otto catamarani si occupano ognuno di una corsia di gara: bisogna togliere le alghe, controllare ogni dettaglio.
Nel frattempo è la zona alla base delle tribune a popolarsi di altri abitanti: i cerimonieri, con le bandiere ancora ripiegate e pronte ad essere issate, e le casacche blu dei fotografi, che come formiche laboriose sono pronte a migrare dall’arrivo al podio, e viceversa.
Finalmente il via: giunge il quattro senza femminile ed è un tripudio a stelle e strisce. I sorrisi di queste ragazzotte americane abbagliano: cercano i parenti in mezzo alla folla e poi si commuovono sulle note di “God bless America”.
La prima vera occasione di gioia tricolore è un falso allarme: a contendersi la gloria c’è Fabio Vigliarolo, originario di Gavirate ma in forza alla Canottieri Lario. Il suo quattro con – terzo a metà gara – accusa tutta la fatica negli ultimi 150 metri e crolla: a risuonare stavolta è l’armonia di “Oh Canada”.
Ma è solo questione di tempo: sul campo ci sono Valentina, Giorgia, Serena e Greta. Lo speaker le dà terze ai 1.000 metri, poi quarte, e in questa posizione compaiono alla vista della tribune: in mezzo a una babele di lingue ora l’italiano si distingue. L’urlo azzurro gasa il quattro di coppia, che nel finale brucia inglesi e americane: è argento. Solo un antipasto, peraltro: poco dopo, Mameli risuona per il quattro senza maschile. Finalmente è Italia d’oro.
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