Il consiglio comunale di Sesto ha respinto la proposta di costituirsi parte civile nel processo per la strage nazista di Borgoticino dell’agosto 1944, in cui furono trucidati per rappresaglia 12 giovani innocenti tra cui il cittadino sestese Virgilio Tognoli, al quale è dedicata una via cittadina. Il sindaco e la maggioranza non hanno saputo dare una spiegazione, rifiutandosi di
assumere davanti al Consiglio la responsabilità della propria scelta. Si sono rifugiati dietro l’espressione “libertà di coscienza”, ben sapendo di aver già deciso di bocciare la richiesta dell’opposizione che intendeva dare continuità al percorso seguito dalla precedente amministrazione. Questo processo iniziò qualche anno fa quando fu riaperto “l’armadio della vergogna”. Qualcuno rifletta sul perché venne usata quella espressione.
Roberto Caielli
Sesto Calende
È inutile cercare una spiegazione a questa scelta perché spiegazione non c’é. Si tratta di un grossolano errore. D’uno sguardo obliquo sul passato. Di un’interruzione sorprendente del percorso storico-giudiziario avviato dalle amministrazioni precedenti. Sesto Calende è un Comune che ha dato generosamente alla guerra di Liberazione, centinaia di operai della Savoia Marchetti andarono per esempio a combattere i nazifascisti nella Repubblica partigiana dell’Ossola.
Esistevano ostacoli burocratici, finanziari o d’altro tipo a impedire la tutela di questa memoria collettiva attraverso un dovuto gesto nella contemporaneità? Se fossero esistiti, li si sarebbe facilmente potuti rimuovere. È invece risultata inamovibile la volontà politica a non fare semplicemente ciò che la responsabilità civica (per non dire d’altro) richiamava a fare. È singolare e avvilente che la “libertà di coscienza” patrocinata da una giunta municipale che si dice convinta d’intercettare gli umori popolari, non abbia colto il battito della coscienza democratica. Della giustizia storica. Del dolore dei sopravvissuti a quel tragico tempo, a cominciare dai parenti del martire sestese.
Max Lodi
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