C’erano i fan di Phil e gli appassionati di Dave, il rock’n’roll e il punk/rock, i chitarristi e i cantautori. “The Blasters”, i fratelli Dave e Phil Alvin, sono stati tutto questo: un mucchio di talento in una sola band.
E dopo trent’anni dal loro primo disco, nel 1985, si ritrovano insieme al Teatro Condominio – venerdì alle 21 (biglietti a partire da euro 25) – per la loro unica data in Lombardia.
Che si tratti di un’occasione imperdibile, sono in molti a pensarlo: nata nel 1979 in California, nella cittadina di Downey, la band ha lasciato un’impronta che ancora oggi si ricorda nei riff di “Marie Marie” e “American Music”.
Un gruppo che per Alvin è stato come “una scuola superiore”, dove impari le prime mosse e tenti di mettere tutto a fuoco con quella grinta ormonale che non ti fa stare fermo un solo minuto. Ed è per questo che la reunion familiare nel nome di Big Bill Broonzy fa ben sperare: «Ricordo che la prima volta che ho visto una fotografia di Big Bill è stato sulla copertina di un disco che ho comprato quando avevo 14 o 15 anni – dice Phil. Non lo conoscevo veramente, ma arrivato a casa l’ho ascoltato e sono rimasto strabiliato».
Gli fa eco Dave, che parla di quell’album come di «uno di quei ricordi d’infanzia, quando vieni promosso nella classe di grammatica o quando rubi la tua prima copia di Playboy». All’inventore del Chicago blues è dedicato il cd “Common ground: Dave Alvin & Phil Alvin Play and Sing the Songs of Big Bill Broonzy”.
Un lavoro che avvita la grande passione per il blues, terreno comune dei due fratelli, alla voglia di rimettersi in gioco guardando a quelle radici musicali che negli anni Ottanta portarono Dave e Phil ad essere vere stelle nel cielo del rock. Poi, nel 2012 i problemi di salute di Phil in Spagna e quella “resurrezione” che per Dave «è stata una “sveglia”: invecchiando ti accorgi che non sei immortale e che il tuo tempo è limitato». Così, considerato il fatto che “è praticamente impossibile immaginare le radici della scena rock dagli anni ’80 in poi senza The Blasters come guida” (lo scrive AllMusic), Dave e Phil si sono rimessi in sella alzando la voce. La stessa che portò la band a dividere il palco al fianco degli “X”, Black Flag, The Cramps, Asleep at the Wheel e Queen. E si tratta, come dice Rolling Stone, di una “voce possente” che flirta con quel “suono puro e brillante” che sta alla base del “gusto sorprendente” del gruppo.
Che per evadere lo spauracchio della noia, non si è fatto mancare anche qualche incursione nel mondo della cinematografia: da “Miami Vice” a “Someone to Watch Over Me” (Tom Berenger), “So Long Baby, Goodbye” (Kevin Kostner) e “From Dusk Till Dawn” (Quentin Tarantino). Il resto è musica: con le prime date infuocate a Los Angeles, i brani che entrano nella classifica di Billboard, gli apprezzamenti di Henry Rollins (anima dei “Black Flag”), Sonny Terry che dietro le quinte insegna l’armonica ad un Phil bambino. E la voglia di suonare ciò che piace con la maturità di oggi: «Perché a 24 anni scrivi certe canzoni – aveva detto tempo fa Dave – e a 44 altre. Però io non scrivo canzoni politiche». Ecco, è questa la bellezza di The Blasters: raccontare qualcosa che faccia sentire gli uomini parte di qualcosa di grande. Come lo è l’amore.













