L’Italia teme chi governerà. Brutto segno

In questi giorni i muri delle città sono tappezzati di nuove sigle e inviti ai cittadini a partecipare ad assemblee. Tutto ciò promosso da vecchi politici di tutte le compagini politiche esistenti che fanno continui distinguo: noi non siamo quelli dei privilegi, delle prevaricazioni, del disinteresse ai problemi del paese. Non ci credete, questi non sono recuperabili. Ci vogliono politici nuovi, non calati dall’alto, ma germogliati dal basso, per cui la riforma elettorale è assolutamente necessaria. Collegi uninominali a doppio turno con un minimo di raccolta firme per presentarsi in modo che chiunque pensi di essere utile al Paese. Ci metta la faccia e provi a farsi eleggere.

Francesco Degni
Varese

Il percorso più sensato era (è): governo di transizione – d’emergenza, di responsabilità nazionale – con programma ristretto a incisive misure di salvataggio dal disastro economico e alla riforma della legge elettorale.
Poi parola agl’italiani. Naturalmente non se ne farà nulla. Troppi interessi sconsigliano l’imbocco di questa strada, non solo nella maggioranza ma anche nell’opposizione. Sentito Casini dire (dalla Gruber): pur di cambiare, votiamo subito con l’attuale legge. Ma come, se la legge è una porcata che impedisce ai cittadini di scegliere i candidati, votiamo di nuovo appecoronandoci alle direttive dei partiti? E poi: Berlusconi deve fare un passo indietro. Certo, lo deve fare.
Ma ha ragione lei, caro amico: lo facciano anche gli altri, per molti versi non meno appassiti di Berlusconi. Le muffe di Stato ci han fatto venire i reumatismi mentali. Non a caso un fresco sondaggio dice che, se si dovesse scegliere oggi il nuovo Parlamento, oltre il trenta per cento degl’italiani si asterrebbe, il due e mezzo infilerebbe la scheda bianca nell’urna, e la quota degl’indecisi a dare il voto oppure toccherebbe il diciassette. La metà del Paese, insomma, è scettica sulla capacità della politica di governarlo (e dire scettica è andar cauti). Non ci potrebbe essere peggior segnale.

Max Lodi

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