La personalità nelle piccole cose, la concentrazione totale per 94 minuti, la sicurezza nelle uscite: il portiere per salvarsi c’è. E non direbbe mai, un secondo dopo essere stato mandato in prestito: «Livorno, stiamo arrivando».
Di Gaudio lo violenta nel primo tempo, anche se i cross li mette: poi quando la squadra nella ripresa attacca, lui è il primo drago. Terzino o ala? Nessuno dei due, è un fluidificante d’una volta: alla Cafu.
Il fiuto del gol e l’odore del sangue che non hanno i nostri attaccanti: davanti alla porta è fermato dall’arbitro che non vede rigore e dal fato.
Sempre in anticipo su Mbakogu fino a metà campo. Quando butta via i parastinchi e tira giù le calze, fiondandosi in area a caccia del pari, senti il profumo del calcio.
Perde palla su Letizia e il Carpi va in gol, Struna lo surclassa: mezzo punto in più perché ci mette l’anima ed è costretto a giocare sulla fascia “sbagliata” visto il ko di De Vito.
Esce arrabbiato con Bettinelli ma anche noi siamo usciti dallo stadio arrabbiati con lui. Sembra triste.
Castori raddoppia e triplica Capezzi, l’unica fonte biancorossa, e costringe Corti a creare gioco: non è il suo lavoro, il motorino sbaglia ma recupera e ci prova sempre, dando l’esempio anche al pubblico.
Lo falciano a metà campo e lui neppure s’incazza: ragazzo, non giocare sulle uova ma sui carboni ardenti! Castori lo soffoca con i muscoli e la forza bruta.
Se Struna è ammonito, puntalo! O ti butta giù, o ti lascia andare. Sul primo passo va, ma s’abbatte appena lo rimontano. Non crede fino in fondo a quanto male può fare.
Si rialza e ci prova sempre una volta in più di quante lo abbattono. Avesse vicino Pavoletti (o De Luca)…
Butta fuori una palla che pesa come un macigno perché se il Varese avesse pareggiato poi sarebbe andato a vincere. Un attaccante davanti alla porta deve fare gol.
Entra, prende fallo, apre il gioco con delle legnate al pallone da Varese.
Un tiro: poco.