Da “Don Pigio” ai fratelli Bassani I varesini illustri che non hanno strade

Si allunga la lista dei varesini famosi che non hanno né una strada, né una piazza, né un parco che porta il loro nome. Grande assente è monsignor , detto “Don Pigio”, spentosi nel 1997.

Dal 1950 si impegnò nella realizzazione del De Filippi, del quale diventò rettore. Sotto la sua guida, l’istituto divenne un centro culturale cittadino e un luogo di ritrovo di associazioni.

«Qualche tempo fa avevo proposto ad di intitolargli una via. Il sindaco mi rispose che era una buona idea, ma bisognava capire quale via potesse essere quella giusta – afferma l’onorevole , padre della protezione civile – Non si voleva trovare una via periferica e neppure sostituire un’intitolazione già presente. Con il tempo l’argomento non è più stato preso in mano, ed è un peccato. Perché Pigionatti ha fatto tanto per Varese».

Grandi assenti sono i fratelli
ed , fondatori nel 1936 della BTicino, una fabbrica che ha dato e continua a dare lavoro a centinaia di persone. Manca anche lo sculture (Milano 1919 – Varese 1987) che però è ricordato con il suo “Totem” di bronzo installato in via Albuzzi.

E poi ci sarebbe (1911-1978) a cui, per la verità, è stato recentemente intitolato il piazzale davanti al cimitero di Bizzozero. «Sarebbe bello “barattare” questa posizione per una più centrale – dice , il custode della chiesa di Santo Stefano – Ravasi fu un architetto talmente innovativo da essere definito utopista. Negli anni ‘50, insieme a Manlio Raffo, direttore dell’ente turismo, organizzò nei Giardini Estensi una rassegna internazionale di scultura contemporanea. Si impegno nel restauro di diverse basiliche e chiese della città. Progettò la casa dei pittori ad Arcumeggia e la pinacoteca del castello Visconteo di Pavia».

Secondo Terziroli: «Più che le intitolazioni, sarebbe interessante installare un pannello in comune dove scrivere i nomi dei personaggi illustri. E poi sarebbe bello creare qualche evento ogni tanto per parlare del loro operato. Strade, piazze e giardini, senza un discorso culturale, rischiano di non essere sufficienti per strappare all’oblio uomini che hanno fatto tanto per la città».

Da ricordare ci sarebbe anche Emanuele Lanzerotti, che nacque nel 1872 e visse a Varese dal 1936 al 1955. Fu il fondatore del Sait, il sindacato agricolo industriale del trentino; con il suo esempio stimolò lo sviluppo delle realtà cooperative in tutta Italia. E poi c’è (Varese, 1919-2002), studioso di storiografia italiana del secondo Novecento, a cui è stata intitolata una stanza di villa Recalcati. Chissà se un domani gli sarà dedicato un viale o una strada?

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