Novik se ne va dopo 37 anni «Felice della carriera qui»

Dopo 37 anni al tribunale di Busto Arsizio, di cui è presidente della sezione penale, il 5 febbraio andrà a Roma, dove prenderà possesso delle funzioni di consigliere di Cassazione.

Il giudice pugliese, originario di Galatina, è giunto a Busto nel 1977, dopo sei mesi a Roma come uditore ed altri sei a Lecce. «Quando arrivai – afferma – la prima cosa che mi colpì fu il fatto che i rapporti umani erano molto più sinceri di quelli con le persone dei miei posti. C’era un senso molto forte del rispetto e dell’amicizia».

«C’era una sola donna»

In 37 anni la città è molto cambiata. «All’inizio era difficile vedere di mattina gente che camminava a piedi: tutti erano al lavoro, soprattutto nelle fabbriche e in casa. Ora la città è viva nelle strade».

Busto è mutata anche dal punto di vista criminale: «Alla fine degli anni ’70 vi erano molte ingiurie, minacce, reati di inquinamento ambientale. Non c’era la violenza sessuale. Oggi i reati sono soprattutto quelli contro il patrimonio e quelli di natura sessuale».

Significativa la trasformazione della compagine dei magistrati del tribunale. «Nel 1977 – ricorda Novik – avevo solo una collega donna. Ora la sezione penale sarà quasi totalmente femminile».

Anche la magistratura e l’avvocatura non sono più quelle di 37 anni fa. «La prima è scesa dal suo piedistallo: è meno autoreferenziale e più inserita nel tessuto sociale, valori prima in secondo piano rispetto alle esigenze della giustizia, come il tempo e il rispetto delle necessità dei cittadini, ora non lo sono più. Per quanto riguarda l’avvocatura, rimasi sorpreso quando arrivai a Busto: nei fori meridionali i processi erano cavillosi, c’era una litigiosità esasperata. Qui vi era la tendenza alla conciliazione, si guardava al sodo: c’era una mentalità industriale anche in questo. Ora il foro bustocco si è meridionalizzato».

«Mi dissero “terùn”»

Cosa direbbe a un collega per consigliargli di venire a Busto, e cosa per dissuaderlo? «Busto è stata la palestra per tanti magistrati, ma non ci sono nè il tempo nè lo spazio per le esigenze personali, la vita sociale uno se la può sognare».

Novik dice di non aver mai avuto paura, «anche se ci sono stati momenti poco tranquilli, come quando mi assegnarono la scorta perchè avevano trovato il mio nome nel covo delle Brigate Rosse».

Già nel 1977 fioccavano le promesse di miglioramento della giustizia: «Non ne è stata mantenuta nessuna, ognuno ha sempre cercato il modo di peggiorare l’esistente. E ci è riuscito».

Ma dopo 37 anni, Novik ha imparato qualche parola in bustocco? «Terùn – ride – Quando sono arrivato era una delle ingiurie più usate. C’era diffidenza verso i meridionali, siamo stati sdoganati all’arrivo degli immigrati».

«Sono stato fortunato – conclude – perché ho fatto quello che mi è piaciuto: credo di non aver mai rimpianto di dover venire a lavorare. E perché ho avuto accanto persone speciali, che mi hanno supportato e sopportato».n

mariagiulia porrello

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