«Noi, tra la gente abbiamo scoperto la vita più vera»

Il seminarista di Casciago Marco Trevisanut
ci racconta la sua speciale “Missione vocazionale”

«C’è gente che Dio prende e mette da parte. Ma ce n’è altra che egli lascia nella moltitudine, che non “ritira dal mondo”. È gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un’ordinaria vita da celibe. Gente che ha malattie ordinarie, lutti ordinari. Gente che ha una casa ordinaria, vestiti ordinari. È la gente della vita ordinaria. Gente che s’incontra in una qualsiasi strada», dice in uno dei suoi scritti la beata .

E incontro a questa gente comune vanno i preti diocesani e sono andati anche i 65 seminaristi in “Missione vocazionale” proprio nei giorni scorsi a Città Studi a Milano.

Confronti preziosi

Tra questi anche , seminarista di 24 anni di Casciago: «La cosa più bella sono gli incontri che fai. Da sabato a mercoledì siamo stati ospitati nelle case delle famiglie del quartiere. Abbiamo avuto modo di conoscere la vita quotidiana delle famiglie».

Incontri con ragazzi di diverse fasce d’età, famiglie, studenti dell’università, medici e cappellano dell’Istituto Tumori, in un bagno di umanità per ascoltare e incontrare le persone che vivono le parrocchie della diocesi. «Tra tutti gli incontri quello che mi ha colpito di più è con un giovane iniziato in maniera polemica con osservazioni vere sulla Chiesa e le sue difficoltà rispetto a questo. A partire dal racconto è finito poi con il parlare di sé e a confessare a me, che nemmeno lo conoscevo, cose personali. Questo è il bello dell’esperienza che abbiamo vissuto: incontri profondi che sono nati così, senza averli preparati».

Problemi comuni che la gente affronta tutti i giorni e con i quali anche il sacerdote si deve confrontare per sostenere e aiutare.

«È stata importante anche la visita all’Istituto tumori per conoscere e capire qual è la responsabilità della Chiesa in questo ambito. Un contributo alla nostra formazione che sarà utile quando saremo preti e incontreremo la sofferenza».

Un passo importante anche per i giovani seminaristi che saranno chiamati ad andare oltre alle lezioni di cattedra, a vivere tutti i giorni in mezzo alla gente.

«Sono stati quattro giorni unici, utili a rilanciare la strada che stiamo percorrendo in seminario». Marco ci tiene a sottolineare come l’impegno nella “missione vocazionale” non fosse quello di raccogliere nuovi fedeli.

«Più che un portare qualcosa o suscitare nuove vocazioni, è stata l’opportunità per conoscere la realtà a partire da quello che cresce in noi. Ciascuno di noi arriva da realtà diverse e Città Studi ha le sue dinamiche: abbiamo potuto confrontarci con loro, con le problematiche di chi vive la realtà del centro città rispetto a chi vive in paese. Luoghi diverse, situazioni diverse che a noi hanno dato un arricchimento».

Certo perché la preparazione di un nuovo don non passa solo dai libri; per loro, il percorso formativo prevede sin da subito l’impegno nelle parrocchie.

«Durante gli anni del seminario siamo negli oratori per due giorni alla settimana. Qui abbiamo la possibilità di un confronto, ma è una visione parziale, limitata a quegli ambiti».

«Vedevo la gioia di far felici»

Dunque un nuovo tassello per Marco, cresciuto a Casciago nell’esperienza dell’educatore di oratorio, seguendo i ragazzi delle medie per cinque anni: «Lì ho capito com’è bello spendersi per le persone, aiutare a crescere i più piccoli. È stato fondamentale accorgermi che dietro alla vicinanza di amici, famiglia e comunità doveva esserci qualcun altro: un Dio che si prendeva cura di me».

Poi quella Giornata Mondiale della Gioventù del 2011 a Madrid. «Ho incontrato due seminaristi e e in loro vedevo la gioia di rendere felici le persone che avevano intorno». Così, dopo la laurea in filosofia, è arrivata la decisione di entrare in seminario.n