«Il Varese si salva con i signori Nessuno»

Il più grande esperto biancorosso l’abbiamo in casa e si chiama Filippo Brusa: «Bettinelli alla Fascetti. Nomi o vecchie glorie? Per carità, al massimo Carrozza e Nada. Corriamo nell’erba alta. Rea non parte»

Quando il capo mi ha chiesto di intervistare Filippo Brusa (in foto con Luoni) mi è sembrata una buona idea e allo stesso tempo un’esagerazione. Mi è stato detto: «Sentilo, lui è il più grande esperto sul Varese. Non serve cercarlo altrove, ce l’abbiamo in casa».
Ora, e solo ora, dopo aver parlato per più di 40 minuti con lui capisco perché mi è stata chiesta questa cosa. Perché Filippo ha rinunciato a tutto nella sua vita per seguire il Varese. Perché ha fatto della sua passione di vita il suo lavoro. Perché lui conosce il cuore e la testa di Bettinelli come pochi altri in questa città.
Adesso capisco che l’unica esagerazione è stata la mia poca, poca fede.

Vorrei arrivassero Cristiano Ronaldo e Icardi. Anzi Pavoletti.

Se mi avessi lasciato finire di parlare ti avrei detto che anche se arrivassero tutti i giocatori del mondo non servirebbe a nulla.

Come perché? Perché il Varese è gruppo. Perché siamo saliti dalla C2 alla B con quelli che non voleva nessuno. Con giocatori che avevano solo da dimostrare e che Sannino ha fatto diventare dei fenomeni.
Bettinelli è l’allenatore giusto e deve essere lasciato lavorare in pace con il gruppo. Non servono arrivi pazzi o vecchie glorie, da noi conta solo il gruppo. È sempre stato così e quest’anno è così.
Si parla tanto di Sforzini, ma è davvero utile?

Seguire il Varese è una cosa da persone normali. A quattordici anni io e il Confa andavamo a sederci sui gelidi gradoni del Franco Ossola per vedere la nostra squadra del cuore giocare contro il Chievo, la Pievigina, l’Ospitaletto, il Montebelluna. A quell’età si pensa ad inseguire le ragazze per limonare, noi inseguivamo i nostri idoli, gente come Verdicchio e capitan Serami.
Ricordo la prima partita dopo il fallimento del 1988, era un Varese-Treviso. L’unica bandiera biancorossa che sventolava quel giorno era la nostra.

Chi viene qui deve sapere che chi ha fatto la storia di questa squadra, l’ha fatta allenandosi e correndo su mille campetti di periferia. Diversi ogni giorno. Quelli dove c’è l’erba alta. Perché come diceva Sannino, non si corre con le gambe ma con il cuore.
Chi viene a Varese deve farlo perché questa squadra per lui deve valere ed essere l’occasione della vita. Come per un giornalista sarebbe scrivere per il Corriere della Sera.

Difficile. Devo mettere in un angolino il tifoso che è in me per essere oggettivo. So di non potermi far prendere dai sentimentalismi. Anche se quando entro allo stadio, di tanto in tanto, guardo la curva e vorrei essere lì. Con la sciarpa e con le bandiere, a saltare e cantare per il mio Varese.

Rea non va via.

Serve un esterno di qualità, uno come Carrozza o Nadarevic. Bettinelli l’ha detto quest’estate: senza ali non si vola.
Serve un giocatore che fa la differenza in quella posizione, e l’abbiamo visto quando è mancato Zecchin quanto abbiamo sofferto. Rivas non ha entusiasmato, quindi sarà fondamentale trovare la giusta pedina. E questo lo devi scrivere per forza: Bettinelli non gioca con un 4-4-2, ma con un 4-2-4.

Lui è il nostro Bettinelli. Quando allenava la Primavera è stato uno dei miei migliori collaboratori sul Biancorosso (il nostro inserto), curava la rubrica “Chiedetelo al Betti”. Da lui non ho mai letto una risposta scontata o banale.
Lui è uno che cambia il calcio, non fa parte dello squallido carrozzone del pallone. Lui mette il gruppo davanti a tutto, anche davanti a se stesso.

Ho tante cose da dire a Bettinelli. Ma ora con lui ho un rapporto solamente professionale, ed è giusto così. Io sono un giornalista e lui è l’allenatore del Varese. Quindi mi limito a questo: «Non preoccuparti e continua come stai facendo, per la tua strada. Quella è l’unica giusta».

Capezzi è un futuro campione ma non deve montarsi la testa e – lo metto nero su bianco – arriverà in nazionale. Il giovane che rappresenta il Varese è Simic: un lottatore, un ragazzo serio ed educato. Uno che anche quando non gioca dà tutto, e questo è proprio quello che è Bettinelli e che chiede ai suoi ragazzi.

Ha fatto un gol bellissimo al Carpi ma le partite non durano 8 secondi. Quello è il tempo dell’azione di quel gol ma si gioca 90 minuti, e lui oltre quegli 8 secondi ha sempre corricchiato. Questo è sicuramente il motivo per cui Bettinelli non l’ha schierato spesso.

Bellissima questa. La domanda che nessuno mi ha fatto, non me l’hanno fatta perché il Varese non è ancora in serie A, dove merita di stare. Con Bettinelli, per la persona e l’allenatore che è, bisognerebbe aprire un ciclo, come lo è stato per Fascetti. Allora, e solo allora, ogni sogno non sarà impossibile.