Ai confini del mondo c’è una casetta, anzi una tribunetta biancorossa composta da sei gradini di legno davanti a un campo con quattro lampioncini piccoli così, senza nemmeno una tettoia per ripararsi, tra le montagne e il lago di un mercoledì d’inizio settembre che resterà per sempre nel nostro cuore. Fuori dal tempo e dalla spazio, in quella tribunetta arrivano duecento varesini, ma sembravano diecimila, con i loro striscioni e le loro bandiere che alla fine se ne sono andati anche con le dita e le mutande bagnate dopo essere stati immobili sotto una tempesta d’acqua scatenatasi da metà secondo tempo, ma più l’acqua scendeva, più il vento arrivava, più i lampi s’illuminavano d’immenso, e più loro cantavano, restando immobili là, ai confini d’un mondo che si chiama cuore. Non è mai esistita un’altra Barzanò negli ultimi undici anni del Varese perché Varese non era mai arrivata in massa ai confini del mondo per una partita che oggi non troverete nemmeno sui giornali sportivi. Una partita che per tutti gli altri non esiste e che invece, per noi, è la più bella partita a cui abbiamo mai assistito. Perché se lo scriviamo soltanto noi che “il Varese lo abbiamo nel cuore ed è il nostro grande amore”, o che “dicono che se vai allo stadio sei un deficiente e che il Varese non vince niente ma io me ne frego e me ne sto al mio posto”, siamo solo quei matti della Provincia. Ma se lo cantano in duecento su questa tribunetta piccola così ai confini del mondo, dal
primo all’ultimo minuto, i matti forse non siamo soltanto noi, e un giorno lo saranno tutti quanti. Insieme ai migliori in campo (emergono da un grande gruppo il ragno nero Bordin con due parate decisive sullo 0-0, Viscomi goleador e leader di razza, Giovio uomo-assist che quando ci crede può tutto) ci mettiamo questo coro della curva, e insieme al coro la curva stessa e tutti i tifosi arrivati fin qui: “Ma che bello questo sole” detto a petto nudo sotto la tempesta. Forse avrebbe potuto urlarlo alla squadra soltanto un’altra persona in 105 anni di Varese: Peo Maroso. Perché l’amore per la maglia lo vedi e lo tocchi qui, dove nessun uomo del pianeta Varese era mai arrivato prima. In mezzo al carattere, anche qualche spunto da migliorare: quarto gol consecutivo beccato su calcio piazzato (1 Tradate, 2 Trezzano, 1 ieri e, andando indietro, anche l’Under 21 del Lugano aveva segnato su punizione): forse manca un Gazo davanti alla difesa, ma lo sappiamo già, e forse salterà fuori un medianone dai due centrocampisti (dicono che uno sia forte) in prova oggi pomeriggio a Masnago insieme al terzino destro. Stavolta invece che sotto la pianta di Trezzano sul Naviglio eravamo seduti sull’ultimo dei famosi sei gradini della tribunetta scoperta. E invece che per le zanzare domenicali, abbiamo ondeggiato paurosamente per il saltellante entusiasmo della curva e dei duecento varesini. Ringraziati alla fine da Viscomi con le parole più belle: «Sono arrivati qui come se fosse una partita importante, forse la più importante, di quelle a cui erano abituati. Grazie».