I più e i meno di Chiavenna

Shepherd felpato e letale, Wayns lucido, Ferrero e l’atteggiamento. Non ci sono piaciuti Thompson e la scelta di una prova in famiglia

Le premesse da fare sono infinite, sia per i più che per i meno. L’eredità valtellinese della Openjobmetis Varese, ora che lo scrimmage in famiglia ha concluso l’avventura, va sviscerata con un pizzico di sale, come scriveva Plinio il Vecchio, ovvero con un pizzico di buon senso.La mancanza di un avversario e il sentore da “volemose bene” che quasi sempre influenza ogni primo sguardo

valutativo devono essere indispensabili freni alle lodi, impressioni positive che solo il tempo potrà confermare. La fatica nelle gambe dopo un tour de force di dieci giorni e la consapevolezza che ogni aspetto tecnico, tattico, fisico, ambientale, collettivo e individuale sia ben lontano dall’essere consolidato sono invece i lacci alle critiche, puntini neri di una sera o poco più, da rivalutare quando tutto conterà davvero.

Del canadese non hanno colpito tanto i 30 punti, quanto l’estrema “silenziosità” nel segnarli. Entrate, di fisico e di tecnica, tiro da fuori, prontezza sugli scarichi e nel farsi trovare con i tagli, presenza a rimbalzo: tremendamente efficace senza prendersi la scena. Per uno destinato a uscire dalla panchina è oro colato. Moretti, infatti, sabato sera gongolava.

Leader già dai primi palleggi, un fulmine in contropiede, minuto ma solido il giusto per tenere i contatti. Il piccolo grande uomo dalla Pennsylvania sembra poter essere la punta di diamante di questo gruppo, quantomeno per le qualità tecniche. Se riesce a far girare bene una squadra che ha anche altre bocche da fuoco ci siamo.

Forza e coraggio: l’italiano di complemento che riesca a dare un apporto vero e non sia solo uno “sventola asciugamani”, qui lo cerchiamo come il pane. La prima uscita promette bene: timidezza lasciata a casa, mano torrida dall’arco, fisico e atletismo da serie A tutta la vita.

Dello scontro fratricida è piaciuto questo in particolare, testimoniato dalla voglia di non sottrarsi ai contatti, dall’intensità dei movimenti e dall’apporto vocale di ogni giocatore. Chiamarsi un blocco, correggere la posizione di un compagno su uno schema, cercarsi con i complimenti dopo un bel canestro o consolarsi in seguito a un errore: sono tutti buoni segnali.

Il più difficile da valutare, almeno fino a quando non si inizierà a giocare per i due punti. Gli aspetti positivi elencati finora, però, hanno necessariamente un manico comune. Nella preparazione che pare procedere senza strappi c’è la sua mano ferma e quella dei due assistenti – Vanoncini e Conti – con cui forma una squadra nella squadra, già affiatata. Piace per una pacatezza che sembra far rima con sicurezza.

Il fisico lo mette in difficoltà più di altri in una fase del genere: è grosso, strutturato, un monolite dalla testa ai piedi. Ciò non gli impedisce di farsi apprezzare per alcuni spunti, ma è gravato da una pesantezza piuttosto evidente.

È sembrato il meno “cattivo” nella partita-allenamento di sabato. L’unico appunto giustificabile allo stato attuale è proprio questo: là sotto – per avere spazio quando conterà – dovrà metterci tanta garra.

Chi sarà? Con Jogela ormai in Romania, del ballottaggio inizialmente ipotizzato rimane Martin Junakovic, ma la sensazione è che non sarà lui a completare la rosa. La prima impressione sul croato è quella di un buon difensore che in attacco non ama prendersi grosse responsabilità. Da rivalutare col tempo, dovesse rimanere (davvero costa troppo?), perché le referenze sono ottime.

Un po’ è dispiaciuto non vedere i nostri contro un vero avversario: meglio un’amichevole in più che una in meno. Visto come si è comportato il Monaco (che ha scelto Cantù per poi scappare a metà partita…), però, forse è stato meglio così.