«A tirare i rigori ci pensa Marrazzo Io difendo la porta e vivo il mio sogno»

Intervista a Claudio Bordin, portiere del Varese Calcio

A 18 anni, nella Primavera del Varese, Claudio Bordin faceva parlare di sé tutta Italia perché era un portiere con il vizio del gol. I tre rigori trasformati nel campionato 2013-2014 lo avevano messo sotto i riflettori ma il giovane numero uno non si era montato più di tanto la testa e, pur essendo già nel giro della prima squadra, aveva accettato di buon grado la cessione in Serie D, all’Inveruno. Oggi Bordin è uno dei punti di forza del Varese che guida il campionato di Eccellenza con ben nove punti di vantaggio sulle seconde e solo tre gol presi.

Mi fate sorridere. I miei rigori li ho tirati in Primavera e sono fiero di non aver sbagliato mai: il primo l’ho messo dentro con la Ternana, il secondo con il Brescia e il terzo con l’Inter nella partita più bella perché ne avevo anche parato uno. Vado fiero di questo tre su tre e lascio volentieri il pallone a Marrazzo.

Non chiamatelo così: fa solo il suo mestiere di attaccante. Più segna, più vuole segnare. È nella natura delle cose.

Quando c’è una difesa così forte per il portiere è ancora più difficile mantenere ai massimi la concentrazione. Io cerco comunque di essere sempre il più vigile possibile. Un plauso va ai miei compagni: dietro siamo da categoria superiore. Per la verità, lo siamo anche negli altri reparti.

Infatti, e proprio per quanto vi avevo già detto l’altra volta non amo esultare troppo: per non perdere l’attenzione. Questa mia caratteristica è innata e istintiva. Nessuno me l’ha trasmessa.

Certo e non dobbiamo dimenticarci quanto è stata dura la partita di Coppa Italia a Trezzano, dove quest’estate avevamo pareggiato 2-2. È un impegno molto difficile ma noi dobbiamo a tutti i costi continuare la striscia vincente: è vero che abbiamo nove punti sulle seconde ma è altrettanto vero che basta poco per perderli. Non vogliamo lasciare nulla per strada e puntiamo a incrementare il vantaggio.

Per me benissimo, per la squadra un po’ meno, visto che si sono susseguiti tre allenatori e la salvezza è arrivata solo alla fine.

Non avrei mai accettato di scendere in Eccellenza se a chiamarmi fosse stata qualunque altra squadra. Ma Varese è la mia città e so che ce tornerà presto in alto, dove il nostro pubblico merita di stare, come dimostra tutte le domeniche con un tifo da categoria superiore. L’Eccellenza è solo un passaggio.

Ripensavo a quanto di bello avevo avuto dai colori biancorossi e a tutte le persone che mi hanno aiutato a crescere. Ce ne sono tre che porto nel cuore. Stefano Bettinelli è stato mio allenatore in Primavera e mi ha trasmesso la forza per crederci sempre e non mollare mai: lui è un gran combattente. Oscar Verderame è stato come un padre e mi ha insegnato tutti i segreti della preparazione di un portiere. Mario Belluzzo è un nonno pieno di affetto e di esperienza: trasmette bene i valori della maglia del Varese.

È un onore perché pesa. Io che sono un vero varesino posso dire che la maglia biancorossa è qualcosa di straordinario, un valore immenso che chi viene da fuori può non capire.

Ho preso la maturità con un discreto 83 e sono contento. Per il momento ho accantonato il libri per dedicarmi solo al calcio.

Adoro la montagna ma sono stato costretto a smettere con le scalate anche perché è rischioso e se mi succedesse qualcosa potrei destabilizzare la mia carriera calcistica. Così almeno lascio più tranquilli i genitori.

Sì, ha giocato nelle giovanili dell’Inter e poi nelle serie minori del Varesotto. Poi si è rotto una gamba e ha smesso.

Ho incominciato nel Morazzone e facevo il difensore ma non era il mio ruolo, né mi piaceva. Poi sono stato al Milan per quattro anni e mezzo, dal gennaio del 2007 al 2011.

Avevo 15 anni, giocavo ancora nel Milan ed ero venuto a vedere Varese-Novara, quella dopo la promozione in Serie B, sospesa alla fine del primo tempo e ripresa il mercoledì successivo. C’era un grande entusiasmo allo stadio, nonostante il diluvio, e il Varese era riuscito a firmare una esaltante rimonta.

È fatto da un gruppo fantastico di ragazzi semplici che si aiutano sempre l’uno con l’altro: qui sta il segreto delle nostre vittorie.