VARESE Pd, la rivolta della base contro l’accordo su Marini. I parlamentari bersaniani sommersi dall’onda di indignazione e dagli appelli degli elettori a non votare l’ex presidente del Senato. Ormai il partito vira verso Matteo Renzi: «È già la risorsa principale del centrosinistra» ammette il capogruppo Pd in Regione Alessandro Alfieri.
Vera giornata-spartiacque quella che ha vissuto oggi a tutti i livelli il Partito Democratico. Sui social network monta la mobilitazione: non se ne trova uno che approvi l’accordo per l’elezione di Franco Marini e gli appelli agli eletti si moltiplicano da più parti. E non sono i “renziani” a soffiare sul fuoco, tutt’altro. Persino alcuni dei più invocano «un ripensamento», una riapertura della discussione. Si capisce che il partito rischia una spaccatura insanabile.
Maria Chiara Gadda, deputata varesina, anticipa l’onda e si smarca dalla maggioranza del partito: «Non sono qui per adeguarmi ma per scegliere. Noto che la mia posizione coincide con quello che pensano i cittadini». Una scelta che le procura applausi dalla base. La bocciatura della liena di Bersani è evidente, quando la stessa Gadda auspica «una soluzione condivisa tra noi prima che all’esterno». Sul territorio il timore di un’emorragia di voti è evidente, come si chiede Jimmy Pasin, appena reduce dalle elezioni regionali: «Quanti voti vogliamo perdere?».
Il capogruppo in Regione Alessandro Alfieri, renziano doc, è dispiaciuto dalla piega che ha preso la vicenda del Quirinale: «Un passaggio delicato gestito molto male, spero che ora si ascoltino davvero i parlamentari e la gente che rappresentano. Rimediando con una candidatura unitaria e di statura internazionale, perché l’accordo su Marini, con tutto il rispetto per la persona, sapeva di vecchia politica. Un accordo al ribasso scambiato con il via libera a Bersani premier». Non mancano le frecciatine nei confronti di «certi pasdaran bersaniani che voltano la faccia al segretario, ma sarà il segno dei tempi, anche
se Renzi ha il merito di dire le cose in faccia». Il partito intanto sembra ormai indirizzato verso una nuova fase, anche se Alfieri non mette le mani avanti: «Renzi è già la risorsa principale del centrosinistra e si mette in gioco per provare a costruire qualcosa di positivo». Anche tra i leghisti però la decisione di dire subito sì ad un vecchio democristiano come Franco Marini suscita perplessità: il capogruppo uscente in Provincia Stefano Gualandris ad esempio stigmatizza «l’inciucio». Ma, vista l’aria che tira con le epurazioni, la rivolta non si esplicita più di tanto. Andrea Aliverti
b.melazzini
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