«Uva diceva mi faccio male e vi denuncio». Ieri davanti alla corte d’assise presieduta da hanno deposto i due carabinieri e i sei poliziotti accusati dell’omicidio preterintenzionale di , morto il 14 giugno 2008 all’ospedale di Circolo di Varese, dopo essere stato fermato ubriaco, con l’amico, in via Dandolo. I due, parole di Biggiogero, spostavano transenne in mezzo alla strada e “ululavano” quando i residenti hanno chiamato le forze di polizia esasperati.
È la prima volta che , , i due carabinieri, e , , , , e , i sei poliziotti, parlano dell’accaduto quella notte. Gli imputati sarebbero anche pronti a rinunciare alla prescrizione imminente in quanto innocenti. È una deposizione lineare quella che i tutori dell’ordine hanno portato innanzi alla corte., avvocato di parte civile, che rappresenta anche , sorella di Giuseppe, che da sette anni sostiene che Giuseppe morì a causa delle percosse ricevute mentre si trovava nella caserma di via Saffi,
mentre la procura inizialmente ha sostenuto la colpa medica (a Uva ubriaco furono somministrati degli psicofarmaci durante il trattamento sanitario obbligatorio nonostante l’evidente ebbrezza alcolica), ha parlato di “arresto a piede morto”, facendo infuriare Piglionica. Gli otto imputati hanno spiegato come Uva non fu «mai arrestato». Loro addirittura non volevano nemmeno portarlo in caserma: «Diede calci a un portone e il padrone di casa si affacciò gridando “cosa aspettate a portarlo via” – hanno spiegato gli imputati – A quel punto lo mettemmo in auto. Gli abbiamo detto: ti portiamo a casa. Rispose: no a casa non voglio andare».
Uva, secondo quando testimoniato dagli imputati, quel suo stato di ubriachezza molesta. «Ribaltò la scrivania – ha detto Dal Bosco – E dava calci violenti al tavolo». Uva ha sbattuto contro i muri, settimane fa ha testimoniato una paramedica del 118 che ha dato la stessa versione: «Dava testate ai muri – ha detto la ragazza – Ho pensato questo si fa male». Uva a poliziotti e carabinieri avrebbe ripetuto: «Adesso mi faccio male e poi vi denuncio».
Ambrosetti stesso ha tirato in ballo la storia della patente: . Cosa che non sarebbe avvenuta se fosse stata verbalizzata la sua ubriachezza molesta, visto che per il suo stato di alterazione gli era stata ritirata la patente. Questa tesi era stata segnalata dal pubblico ministero , criticato dagli Uva per come ha condotto le indagini, e ieri è stata proprio la parte civile a tirare in ballo l’argomento. Nessuno quella notte picchiò Uva, le manette venivano messe e tolte al quarantatreenne; quando dava in escandescenza, per evitare che si facesse male, e poi tolte. Gli stessi sanitari del 118 hanno spiegato come Uva fosse stato assicurato con cinghie alla barella per evitare che colpisse la barella stessa con i pugni. , sul quale tanto la parte civile ha insistito, tutti hanno spiegato: «Non ci fu mai – hanno detto gli imputati – quando alle 7 del mattino chiudemmo i verbali Uva era vivo. E non in stato d’arresto». Si torna in aula l’11 dicembre. È certa che su tutti i capi di imputazione,, si abbatterà la prescrizione. Gli imputati sarebbero intenzionati a rinunciarvi proprio perché «certi di essere innocenti».