C’è una linea continua che unisce il Verbano, la sua parte più a nord in particolare, col Varese. È qui, da Laveno verso la Svizzera, che il tifo biancorosso è per tradizione più tosto e viscerale. In queste ore di allarmi, esondazioni e bilanci sono proprio le voci biancorosse di queste parte a spiegarci perché, dopotutto, il Varese profuma anche (e soprattutto) dell’acqua del lago Maggiore.
A mollo. È così che ci si sente; ma essere bagnati fino al ginocchio non vuol dire aver smesso credere che andrà meglio. Lo dice Livio Saccani, anima del club Passione Biancorossa, uno che è di Luino, ma che poi si è spostato a Reno di Leggiuno. Sempre a due passi dal Verbano, ovviamente. «In questo momento – dice – il Varese significa tante lacrime, proprio come il nostro lago. Però, chi vive da queste parti lo sa bene, basta aver pazienza e il pericolo se ne va, tutto rientra nei ranghi. Così è il Varese: siamo a mollo, con penalizzazioni e bilanci che vorrebbero sommergere tutto, ma alla fine siamo tutti certi e fiduciosi che ce la caveremo. Ci salveremo, lo faremo con tranquillità, i conti andranno a posto, la piena tornerà da dove è venuta».
Già, la piena. Nelle scorse settimane anche al Varese si è toccata con mano la possibilità di essere sommersi. «Dal mio punto di vista – commenta Saccani – non è stato tanto l’episodio della lite tra Ambrosetti e Cannella. Son cose che succedono e il club, tutto sommato, ha gestito bene la faccenda. L’esondazione per noi è stata quando pareva che il presidente Laurenza mollasse il colpo». Invece? «Invece – prosegue Saccani – tutto si è normalizzato. Alla
fine, senza la lite tra Ambrosetti e Cannella, non sarebbe arrivato Spartaco Landini, che mi sembra uno al posto giusto. Poche chiacchiere, pochi slogan e tanta vicinanza alla squadra. È come se fosse uno spartiacque, una barriera che protegge il gruppo dalla piena delle cattive notizie e delle malelingue. Sì, perché a Varese parlano tutti, scrivono tutti su facebook, ma poi – quando c’è da star vicini davvero alla squadra – possiamo davvero contarci sulle dita di una mano».
Lele Bellorini, che tirava le fila del club Amici del Varese, è di Mombello. Per lui la squadra e il lago sono dentro il cuore. «Io non riesco ad essere pessimista – attacca – anche con questi nuvoloni sempre sulla testa. È come per l’acqua alta: vai nei bar e senti allarmismi e catastrofismi; poi scendi a Cerro o a Laveno a vedere e ti accorgi che è sempre lui, il lago, lo stesso che per anni hai visto tutti i giorni dal battello per andare al Cobianchi. Scopri che ce l’hai nel cuore, e se una cosa è così dentro di te non puoi volerle male; di più: non puoi pensare che ti farà del male». E il Varese? «Preciso identico – spiega Bellorini -. Le parole sono sempre allarmanti, cariche di pessimismo. Poi vai a Masnago, entri al Franco Ossola, e niente di tutto ciò ha più importanza. Se lì, sugli spalti, in campo c’è il Varese e l’unica cosa che conta è seguire il tuo cuore. Una volta che varco il cancello, io non ricordo più nulla delle penalizzazioni o del deficit. E come me tanti altri: come fai a non dimenticare tutto davanti a una cosa che hai dentro di te? Una volta che sei a Masnago, che il Varese vinca o perda, sei al sicuro, non può succedere nulla di male».