Si alza il tenore della protesta contro l’allevamento Green Hill di Montichiari, nel bresciano, l’unico in Italia dove vengono cresciuti cani di razza beagle destinati alla vivisezione. Finora non sono bastati cortei, le dimostrazioni contro i capanni dove sono gli animali, e sit in per cui gli attivisti hanno deciso di puntare al “cuore”, a Roma, per chiedere al Parlamento di portare avanti l’iter legislativo che sancirà il divieto di allevare animali da laboratorio in Italia. Fra i militanti, una conquantina, lombardi, liguri e del Sud, anche l’ex ministro Michela Brambilla. “La fabbrica di morte di Green Hill chiuderà sicuramente – ha detto la parlamentare – , il punto è solo quando. Non possiamo accettare che
migliaia di beagle vengano cresciuti per finire la propria vita sui tavoli dei laboratori di mezza Europa”. La possibilità di arrivare alla chiusura potrebbe passare dalla giustizia alla quale sono giunte denunce per irregolarità nell’allevamento bresciano di proprietà della multinazionale Marshall. Però potrebbe anche arrivare prima la legge, grazie a un emendamento alla legge comunitaria che vieta in Italia l’allevamento di cani, gatti e primati per la vivisezione. Secondo gli animalisti la vivisezione nei laboratori farmaceuticiva superata con l’uso di metodi alternativi, a cui l’emendamento destina finanziamenti. “Gli unici test sugli animali che non si possono ancora evitare – ha spiegato ancora la Brambilla – riguardano alcuni tossicologici sul ratto, tutti gli altri posso essere sostituiti”.
u.montin
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