Il generale Elia e la sua truppa

Bastianoni para tutto, Varese indenne al Partenio. Tattica perfetta del Betti: altra botta di autostima. Il tabellino di Avellino - Varese 0-0

– Come ai tempi di Peo Maroso, ma se c’è un fortino esiste anche un generale. E il nostro generale è Bastianoni. Il cannoneggiamento dell’Avellino finisce al 92’, ma anche l’ultima palla non poteva che infrangersi su un portiere lungo più della sua porta, alto come i monti dell’Irpinia. Generale dietro la collina, ci sta la notte buia ed assassina: canta con noi, Elia Bastianoni.

Ma se un generale difende il fortino, lo fa soltanto perché dentro e dietro c’è la voglia di soffrire di qualcuno, per qualcuno: per i compagni, per la maglia, per Spartaco.
Il bello del calcio è anche una partita così, tanto che il Varese sa giocare a calcio lo sapevamo già. Il Varese sa anche soffrire con le palle e sotto le palle (di cannone) che volano ovunque. Fuori i senatori, fuori il direttore sportivo, fuori a un certo punto anche Rea, che incarnava lo spirito della resistenza. Non riuscivamo più a superare la metà campo, sotto una curva infinita, commovente, dirompente: non ci siamo piegati e la personalità, l’autostima, la convinzione di una squadra partita con due ’91, due ’92, due ’93, un ’95 nasce qui, tra i Lupi che restano a bocca asciutta.

La partita è molto semplice: per un tempo il Varese annulla l’Avellino e poi per metà del secondo, l’ultima, viene afferrato alla gola sotto il grido «Lupi, lupi» che scende come la notte gelida dalla curva di casa.
In quell’ultimo spicchio di vita, il generale Elia impedisce in tutti i modi la morte biancorossa con quattro parate impressionanti, d’istinto, di classe, di furia, di pura trance: su Soumarè, Bittante, ancora Soumarè e Arrighini. Il tutto inframmezzato dal palo di Arrighini, da un salvataggio sulla linea di Rea e da un paio di rigorini reclamati dagli irpini. Ma quel che conta è il finale e, con una squadra decimata, il primo tempo che ha regalato novità e future certezze.
Capezzi, vai in campo e gioca libero come l’aria, e così Leo sembrava un trequartista, poi un centromediano metodista ma anche un libero vecchia maniera, quando non si prendeva anche la licenza di governare la squadra da dietro (con gli occhi dietro) come uno stopper. Il primo tempo vive del marchingegno tattico di Bettinelli che blocca la partita: quando hai fuori Corti-Zecco-Neto, più l’anima pia Luoni, non vieni al Partenio a mettere il sedere fuori dalla finestra. In questo pareggio non ci sarà stato tanto gioco, ma ci sono state prima tattica e ingegno per mascherare la tua inferiorità, poi il cuore per resistere, una volta che è stata messa a nudo.