Semplicemente Bruno Arrigoni ed una stagione intera da raccontare, passo per passo, scelta per scelta. Partendo dalla fine, dai risultati stagionali: «Se dobbiamo guardare il risultato finale, nudo e crudo senza sapere nulla di ciò che è successo prima e durante, potremmo dire che la stagione è soddisfacente. Siamo arrivati ad una finale europea, ce la siamo giocata, ci abbiamo creduto. C’è rammarico ma allo stesso tempo la soddisfazione per esserci arrivati. Anche perché secondo me abbiamo preso parte ad una competizione di livello più che accettabile se si prende
in considerazione il ranking delle avversarie che abbiamo incontrato. Per quanto riguarda il campionato, non so come la pensino sotto questo aspetto Moretti e Coppa, però negli eventuali playoff avremmo incontrato Milano che in stagione ci ha camminato sopra con gli anfibi e uscire con delle imbarcate non è che fosse l’ambizione della mia vita. Mi spiace non essere riusciti a concludere con uno score di 15-15, perché in un campionato di altissimo livello sarebbe stato un buon risultato finale, anche considerando alcune partite gettate al vento in maniera inopinata».
Dai risultati alle scelte di mercato: «Se uno guarda la stagione, è chiaro che è stata travagliata. Come avete scritto sul vostro giornale, sono un fautore del mercato aperto perché so che esistono stagioni travagliate come queste e se uno è in grado di destreggiarsi tra i marosi può riuscire a mettere una pezza importante, come fatto quest’anno. Forse potevamo mettercele prima, tutti fanno però riferimento agli errori iniziali in fase di costruzione: vorrei precisare una cosa, una persona non si sveglia di primo mattino decidendo di commettere delle fesserie. Quando si fanno delle scelte, vengono prese in maniera collegiale e condivisa, sfido chiunque a dimostrare che si possano fare in contrasto con ciò che desidera la parte tecnica. Io non l’ho mai fatto, perché ho sempre lavorato in concerto con l’allenatore. A ciascuna decisione si giunge faticosamente, perché diversamente da quello che ho sentito dire noi non siamo andati a Las Vegas a divertirci o a guardare la lap dance».
Questione settimo straniero: «C’è stato un confronto sul settimo straniero, eravamo indecisi se inserire nelle rotazioni un lungo in più oppure virare su un piccolo. Ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: i lunghi sono sufficienti? Si è poi scelto di prendere Varanauskas, quindi durante l’anno è emersa la necessità di avere un lungo in più, da qui l’arrivo di Kangur. Che è stata una benedizione, anche alla luce della fesseria di Faye». Da un rincalzo all’altro, da Kangur a Kuksiks, passando per i disastri Thompson e Shepherd: «Con Thompson e Shepherd eravamo carenti nel tiro da fuori, e per questo si è
scelto di prendere Kuksiks. Una questione che non sono mai riuscito a spiegarmi bene è quella di Shepherd, che ad un certo punto si è avvilito e sgonfiato, senza riuscire più a fare le cose più semplici. Onestamente è una di quelle cose che sono incapace di spiegare, e sono contento che lui abbia fatto benino a Pesaro perché è un bravissimo ragazzo ed un buon giocatore. Questo suo affondarsi, però, ha aperto le porte a Ferrero, che è stato bravo a proporsi in quel ruolo ma soprattutto si è dimostrato encomiabile sotto il profilo dell’attaccamento, della dedizione e della professionalità, dando una mano importante».
Altre due correzioni in corsa, Kangur e Wright, decisive per la stagione: «Kangur si è dimostrato un grande giocatore sul campo ed una grande persone nello spogliatoio, il suo arrivo ha avuto un peso davvero importante. Per quanto riguarda Chris Wright, ha equilibrato e sanato problemi che prima avevamo spesso evidenziato. In relazione alla scelta di Wright, il parco giocatori che potevano rendersi disponibili era veramente limitato. A Chris abbiamo iniziato a pensarci fin da metà dicembre, avevo una mail del suo agente americano che me lo spingeva molto fortemente. Però in quel momento non eravamo ancora pronti per una scelta, la riflessione che dovevamo fare riguardava la scelta tra Galloway e Wayns, ed ha rallentato tutto quanto. Siamo stati vicino a Stone, però alla fine il proporcelo ci è sembrato più che altro un diversivo dell’agenzia del giocatore per fare pressione sul Gaziantep. Alla fine, i nomi sul tavolo erano sempre gli stessi così una sera abbiamo deciso di puntare forte su Wright, ed è stato abbastanza facile portarlo da noi.
La cosa positiva è stata che, al contempo, Maalik Wayns abbia accettato di buon grado un cambio di ruolo, instaurando un bellissimo rapporto con Wright, sia dentro che fuori dal campo».
Dal campo alla città, Arrigoni ci parla del suo ritorno a Varese dopo tanto tempo, togliendosi anche qualche sassolino: «Diciamo che in molti, compresi voi, l’hanno scritto: non ero la prima scelta, la gente si aspettava un uomo forte e tutte queste belle cose, che poi dovrò ancora capire chi è un uomo forte. Non mi sono mai sottratto alle critiche, perché se nella mia carriera le avessi patite avrei vissuto davvero male e perché nel nostro lavoro si vive di critiche. A maggior ragione, le critiche sul mio operato le accetto se fatte in buona fede, però non mi è piaciuta l’idea di essere passato come un ripiego, come uno tirato su per strada. Una valutazione così misera della mia storia e della mia professionalità l’ho ritenuta offensiva».
Il rapporto con il pubblico di Varese è stato invece molto positivo: «Io vado al bar, sto in mezzo alla gente, mi piace sparare stupidate perché mi riesce benissimo, se c’è da bere l’aperitivo lo bevo volentieri. Ho sempre reputato Varese una delle parti importanti della mia vita, ci sono tornato con grande gioia pur rendendomi conto di una situazione non facile. Però il pubblico mi ha sempre rispettato, a parte una persona che durante una partita, credo fosse Varese-Capo d’Orlando, mi ha urlato “Arrigoni pirla”. Il fatto che nessuno del pubblico l’abbia seguito o applaudito è stato positivo per me, ho tirato un sospiro di sollievo».
Qual è stato il suo rapporto con la società? «Io con Stefano Coppa mi sono trovato benissimo, gli devo riconoscere che si è speso ai limiti dell’esaurimento per questa squadra. Non ci ha mai abbandonato anche nei momenti più difficili, ed io con lui mi sono confrontato mille volte, sempre con soddisfazione. Ho avuto un bellissimo rapporto anche con Ferraiuolo, a Natale gli ho regalato un libro, ha voluto una mia dedica e gli ho scritto “al mio angelo custode”. In generale, in società mi sono trovato benissimo».
Eppure, ad un certo punto della stagione è sembrato delegittimato proprio in favore di Ferraiuolo: «Quel che è successo, se è successo, l’ho solo letto sui giornali, perché nessuno mi ha mai comunicato nulla ed io ho continuato ogni giorno con il mio lavoro. Ho sempre avuto le spalle grosse, ma non è mai cambiato nulla durante la stagione». E del futuro, chissà: «Per quanto riguarda la mia presenza nella prossima stagione, la società ha tutto il diritto di comportarsi come vuole. Se la società non è contenta del mio operato, è libera di cambiare. Io, ripeto, mi sono trovato bene con tutti, nonostante si siano passati momenti difficili».