Una storia d’amore lunga una vita. Racchiusa, come fosse in uno scrigno dei ricordi, in un album fotografico. Questa è la storia di Francesco Mentasti, e delle sue foto del Varese Calcio. Ritagli di giornale, si intende, che raccontano, scatto dopo scatto, le emozioni di una vita passata su quelle tribune. Le tribune del cuore: scavate sotto il Sacro Monte, erette sopra Masnago. Le tribune del Franco Ossola. Noi, abbiamo scoperto questa storia quasi per caso, quando in uno di questi giorni ci è arrivata, in una busta, in redazione, la foto che vedete: «Questa è la foto del primo Varese in
serie A. È stata scattata subito dopo la promozione, in occasione dell’udienza da papa Paolo VI. Era il ’63-’64» Una foto che il signor Francesco conserva – anzi, conservava – gelosamente dall’età di 12 anni, ma che oggi vorrebbe donare ai ragazzi della curva: «Potete darla a loro? Se la battessero all’asta, per Erika, sarei felice. Questo è un cimelio leggendario, una foto introvabile di un Varese che ha cambiato la storia. Ho visitato la mostra allestita in questi giorni in via Speri della Chiesa, ma nemmeno lì l’ho vista. Insomma, vorrei che questa foto facesse del bene», racconta Mentasti.
«Di quegli anni lì ricordo tante cose: gli spalti del Franco Ossola, ancora di legno, che d’inverno sembravano un enorme e rumoroso tamburo, perché sotto il vento gelido del Sacro Monte, la gente batteva i piedi. Ricordo la partita con la Juventus del febbraio ’68. Ricordo un’altra partita, quella col Torino, in cui il presidente Borghi parlò con l’arbitro, rassicurandolo che non sarebbe accaduto nulla di male: quel giorno lo stadio era pieno e la gente si accalcava fino alla linea di bordo campo. Ricordo…» Pagina dopo pagina, mentre il signor Mentasti sfoglia il suo album di ritagli di giornale, ci sembra di vivere con lui quei momenti. «Il 5-0 alla Juve fu il momento di massimo fulgore del Varese: io ero un bambino, e ritornando a casa dall’oratorio con gli amici, apprendemmo il risultato. E fu subito festa: un momento indimenticabile, incredibile».
Un salto nel passato, il nostro, assieme a lui, che ci fa da cicerone, a ripercorre i momenti più esaltanti della storia della maglia della nostra città. Una storia sempre non facile, e non sempre vincente: ma il Varese è tutto questo, il Varese è sofferenza. «Ricordo uno dei momenti sportivamente più dolorosi per me e per i tifosi: la partita persa all’Olimpico con la Lazio nell’82 che ci tolse la promozione in serie A. Una partita rubata». Quello era il Varese di Fascetti, un Varese che il signor Francesco rammenta perfettamente ancora oggi: «Ricordo più quel Varese di tutti quelli venuti dopo. Quel Varese lì, di Fascetti, correva a 100 all’ora.
C’era Mastalli con i suoi pezzi di bravura indimenticabili a centrocampo. Un giorno, dai suoi piedi che sembrava avessero il cervello, partì un’azione da favola che costrinse l’allenatore avversario ad alzare le braccia al cielo come per dire “Mi arrendo”. Quell’uomo era geniale. Perché, come diceva Sogliano: solo l’amore per la maglia ti fa correre più forte, anche con la testa. Ho una foto di Maroso, qui davanti a me. Posso dirvi una cosa? Quella targa, appesa sulla nord, dovrebbe essere più grande e più colorata, per ricordare a tutti cosa vuol dire veramente amare il Varese».