«Amarsi per sempre è possibile» secondo le tre testimonianze di laici varesini che alla vigilia di San Valentino si sono ritrovati per un incontro – organizzato dal decanato di Varese, da associazioni e movimenti cattolici – che ha coinvolto 250 innamorati provenienti da tutta la provincia e dall’hinterland milanese.Al centro dell’incontro l’idea di scelte definitive che spaventano, in una cultura in cui tutto cambia rapidamente.I primi a raccontare
il proprio percorso sono stati Veronica, 26 anni, e Francesco, 29, “fidanzati e in cammino” insieme da due anni.«Abbiamo deciso di sposarci tre o quattro mesi fa – spiega lui – E ci siamo chiesti cosa significasse questo “sì” per noi. La prima risposta è stata che si tratta del nostro desiderio più grande e profondo, che è sempre stato con noi, ma non lo sapevamo».
Veronica ammette: «Quando abbiamo iniziato a capire che si trattava di qualcosa di più di una semplice frequentazione, mi sono spaventata. Il “per sempre” mi dava angoscia e stress. Poi qualcosa si è stravolto. La nostra scommessa oggi è la decisione di seguire questa intuizione che sta diventando il nostro progetto».
Tanti gli ingredienti che stanno mettendo insieme per creare la loro “ricetta”: un percorso insieme con l’Azione Cattolica, praticare la condivisione, accettare e amare limiti e debolezze dell’altro capendo in cosa ci si completa e quale sia il bene dell’altro.
«È un lavoro di conoscenza, tenerezza e pazienza. Sappiamo che non siamo da soli, ma da protagonisti è necessario essere vigili e attenti, trovando anche il tempo per una pausa di preghiera. È qualcosa che ci fa stare bene e ci fa entrare più in intimità».
La testimonianza successiva è stata vivace e colorata grazie alla ventina di persone salite sull’altare, alcune accompagnate da figli piccolissimi.
Tutti insieme hanno spiegato l’esperienza dei tre gruppi familiari di giovani sposi che si ritrovano con sistematicità durante l’anno accompagnati da padre Tommaso dei frati Cappuccini di Varese.
Coppie con gli stessi dubbi, problemi, gioie e speranze di tante altre. Hanno scelto però di condividerli, di crescere e far crescere i propri figli nel dialogo, nella preghiera, nella vicinanza di altre famiglie impegnate in un percorso comune.
«Per i nostri figli è una testimonianza che il percorso cristiano non finisce dopo cresima. Tra noi ci sono relazioni di conoscenza e fiducia reciproche, costruite col tempo. Non sono tutte “rose e fiori”, ma servono impegno, costanza e tolleranza». Si crea una rete che diventa «arricchimento e “salvagente” per la coppia. Ognuno con la propria unicità. È edificante conoscere storie di coppie che stanno insieme da più tempo per capire che il “per sempre” è alla nostra portata».
Ed è con questo spirito che si sono avvicendati al microfono e. “Decani dell’amore”, sono sposati da più di trent’anni, dieci dei quali passati in missione in Africa, dove sono nati tre dei loro sette figli.
Per Patrizia, il giudizio su questi 30 anni è la «gratitudine. Speranze, desideri e sogni sono stati ridotti alla loro vera consistenza e sono stati centuplicati. Non si tratta di una visione idilliaca o fiabesca della realtà, perchè tutto questo è passato tra momenti bellissimi e anche attraverso dolori e fatiche».
«Fin dall’inizio – ha detto Alberto – per me era evidente che stare con lei rendeva la mia vita più vera e più umana. Nel rapporto tra due persone c’è qualcosa di sacro e misterioso. Penso che il matrimonio cristiano, più che una scelta, sia una chiamata di Dio».Amare il destino dell’altro ed esserne amici sono alla base della consapevolezza che ha condiviso. «Per me la natura dell’amare è per sempre. Nessuno può dire a una madre o a un figlio che sarà a tempo. Questa “definitività” genera sicurezza e letizia».