«Da solo non farò nulla, ma con altri…»

Claudio Milanese, grande ex patron che risanò il club nell’88: «Sono e sempre sarò un tifoso del Varese. Ricapitalizzazione? Andava fatta prima per evitare l’agonia. Fallimento pilotato: c’era tanto tempo»

Aveva il volto fresco di un ragazzino pieno di entusiasmo Claudio Milanese nell’estate del 1988, quando il giovane imprenditore aveva dato un futuro al calcio biancorosso, dopo il primo fallimento della storia della società, fondando, insieme ad altri coraggiosi partner, il Varese Football Club. Ventisette anni fa è stato proprio lui – varesino – il presidente più giovane di una squadra sportiva professionistica italiana.

E adesso, dopo le dimissioni di Nicola Laurenza, sono in molti a indicare Milanese come la nuova speranza per il Varese. In effetti nessuno ha la sua autorevolezza, competenza e saggezza: gli ingredienti che servono per dare sicurezze ai biancorossi che si trovano ora nel momento più incerto degli ultimi dieci anni e cioè da quando esiste il Varese 1910.

Non conosco la situazione ma per ora so solo quello che emerge anche dai giornali, per cui più di tanto non posso commentare. Anzi, non si può pensare di poter affrontare nessun discorso sul Varese senza conoscere ogni dettaglio legato alla società e ai suoi debiti.
Posso però già dire che l’idea della ristrutturazione del debito va nella giusta direzione.

Quando non ci sono risorse bisogna trovarle e diminuire la massa debitoria è la procedura che facilita il compito di riunire le forze attorno a un programma serio.
Bisogna comunque conoscere la situazione esatta, che va messa nero su bianco: nessuno sa a quanto ammonta esattamente il debito del Varese (si aggirerebbe intorno ai dieci milioni ma c’è chi dice che sono di più, ndr) e nessuno sa esattamente come si è formata tutta questa massa debitoria.
Dopo che saranno chiariti questi aspetti sarà possibile capire ed eventualmente intervenire per salvare la società.

Sono stato, sono e sempre sarò un tifoso del Varese. Le vicissitudini della squadra e del club, nel bene e nel male, non mi sono mai state indifferenti e mai lo saranno. Anzi, mi stanno molto a cuore e qualunque decisione sul futuro dei colori biancorossi non mi lascerà indifferente.
Io, comunque, sono indisponibile ad occuparmi del Varese perché non ho tempo e poi sono fuori dal calcio da tanti anni.
Posso, questo sì, sostenere un progetto ma non fare in prima persona.

Oggi nessuno può partecipare a un progetto di ristrutturazione senza conoscere la situazione e senza il passaggio dalle istituzioni.
Andrò ad ascoltare, insieme ad altri imprenditori, e capiremo se c’è la possibilità di sostenere un piano serio per la continuità del Varese.
Ascolto, verifico e poi decido.

La ricapitalizzazione andava fatta il prima possibile per evitare l’agonia del club.
Non mi sono stufato di ripetere che più in avanti si sarebbe portato questo disequilibrio fra debiti e crediti, peggio sarebbe stato.
Il ritardo è più colpevole in una società, come il Varese, che investe nell’affetto di tante persone.

Va rispettato perché ha messo impegno e denaro.

Una società di calcio va gestita con saggezza e bisogna fare sempre il passo secondo la gamba soprattutto quando si è alla guida del Varese che non è un sodalizio prettamente commerciale ma una squadra che, come ho già ricordato e come è sotto gli occhi di tutti, sta a cuore a tante, tante persone.

Dal primo gennaio è inutile perché preclude la sopravvivenza futura. Ripeto: dal primo gennaio…