VARESE Sono i giorni dell’ottimismo, quelli in cui arrivano belle notizie e si aggiungono tasselli nuovi. Spariti gli scettici e i criticoni, questa Varese piace a chi la ama e fa invidia a chi se la troverà davanti da avversaria. Toto Bulgheroni, presidente e proprietario di Varese per tre decadi nonché presenza fissa nel parterre del PalaWhirlpool, è un uomo che non le manda mai a dire: schietto, se deve criticare lo fa senza problemi. Ecco perché il suo apprezzamento per il lavoro che Vescovi & C. stanno facendo assume molto più valore: perché arriva da uno che ne capisce, perché è una benedizione di quelle che contano per davvero.«Giusto questa mattina – racconta Toto Bulgheroni – parlavo con un amico del mercato di Varese. E ne parlavo bene: mi sembra che fino ad ora la società stia facendo i passi giusti, e la squadra che sta nascendo mi piace per davvero». Perché. «Molto semplice: hanno preso un play buono, una guardia buona, un lungo buono. All’appello manca ancora un esterno, ma sono certo che non sbaglieranno la scelta: tutto si sta incastrando alla perfezione, ma la cosa che più mi piace è un’altra». Noi Bulgheroni un po’ lo conosciamo, e sappiamo bene dove sta andando a parare: i giovani. «Vero: gli arrivi di Polonara e De Nicolao sono da festeggiare per una serie di ottimi motivi. Innanzitutto perché gli è stato fatto un contratto lungo, e questo significa che c’è l’intenzione di trattenerli per qualche anno e farli crescere. E poi perché sono due prospetti che erano ambiti da più parti, e il fatto che abbiano scelto di venire a Varese è una notizia che tutti devono festeggiare». L’arrivo dei prospettini azzurri significa che “Varese è tornata Varese”. «Ed è la verità, perché Varese sta tornando a essere quella che era un po’ di anni fa:
una piazza ambita da agenti e giocatori, una maglia sognata. Se Polonara ha deciso di venire qui significa che ormai questa società è una garanzia: di fiducia, di serietà, di puntualità nel pagamento degli stipendi. Nel mercato di quest’anno vedo solo una piccola ombra: la squadra della scorsa stagione è stata smantellata ed è rimasto il solo Talts. Può capitare, ci mancherebbe: però mi auguro che in futuro i giocatori possano restare un po’ di più. In modo che la gente si affezioni a loro, in modo che loro si affezionino alla città».Toto Bulgheroni era stato il primo a lanciare l’allarme. Lo aveva detto in tempi non sospetti, quattro o cinque anni fa: ragazzi, se si va avanti così si muore. I fatti gli stanno dando tragicamente ragione: «Potremmo stare qui delle ore a parlare delle carenze strutturali che affliggono il nostro sport, e potremmo scrivere pagine intere di giornale. Se invece mi si chiede di sintetizzare il tutto, dico semplicemente che con questa struttura il nostro mondo non sta in piedi. Perché non ci sono le risorse, e perché l’importanza di una piazza ormai non conta più: Treviso è scomparsa, Roma se la passa male, e se mi parlate di Milano mi scappa da ridere. Credete che se dovesse andare via Armani troverebbero qualcuno disposto a mettere dei soldi nel basket? No: finirebbe tutto anche lì». E allora? «E allora siamo ancora al primo passo: ancora dobbiamo prendere coscienza del problema. Giorni fa mi è stato mandato l’elenco delle società che non si sono iscritte al campionato, dalla serie A alla B2: c’è da piangere. E soprattutto, se fossi un responsabile federale o un presidente mi farei delle domande serie: se ogni anno venti società non riescono a iscriversi al campionato, non sono le società ad essere marce e malate. È il sistema che sta morendo».Francesco Caielli
a.cavalcanti
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