Non mi pare che Stefano Coppa, presidente pro-tempore della Pallacanestro Varese, sia un decisionista. O meglio, se decisionista è, lo è… nell’indecisione. Lo dimostra la storia grottesca di questo mese e mezzo nel quale il club, anziché divorare gli eventi per cancellare al più presto un’altra annata storta e bruciare la concorrenza almeno sui tempi della ripartenza, è riuscito a incartarsi e a diventare lo zimbello dell’Italia dei canestri (e, vivaddio, finalmente anche dei forum di tifosi pian piano sempre più imbestialiti). Per capire, basta attenersi alla cruda cronaca, ai proclami (tanti) e ai fatti (pochini). Allora, proviamo a
sintetizzare. Confermare Caja, quel pirla che ha avuto il merito (o il torto…) di salvare la squadra? Non sia mai detto. Fermate i buoi: non siamo ancora nelle condizioni di proporgli un contratto, ita statuit Coppa a campionato concluso. E poi: prima ci vuole il diesse, dopo sceglieremo l’allenatore. Time out: è arcinoto che il diesse avrebbe dovuto essere, in realtà, colui che segava Caja. Ma il soggetto identificato e designato, il pistoiese Giulio Iozzelli, ha spiegato, facendosi da parte, che lui di lavoro fa il manager non il verdugo (prendete un dizionario di spagnolo, per la traduzione).
Morto un papa, se ne fa un altro: ecco allora tornare in voga Nicola Alberani, l’idea della prima ora, che però, tenuto in silenzioso bagnomaria per alcune settimane, adesso diventa un boccone difficile anche per l’incasinamento della situazione di Roma (o forse perché, voce di popolo, potrebbe chiamarlo Milano).
Provarne un altro? Pronti: vai con Brunetto Arrigoni, vecchia conoscenza varesina dei giorni gloriosi della Ignis-Mobilgirgi. Ma che cosa poteva fare Re Tentenna dopo il colloquio, qualche giorno fa all’ora della prima colazione, in quel di Legnano? Tentennare, logico. Nessuna novità pervenuta sul fronte, so far, come dicono in Formula 1. E nel frattempo pare sia cambiato l’indirizzo strategico: non più il diesse prima e il coach poi, ma il contrario (per inciso e per chiarezza: noi pensiamo che una società debba indicare un allenatore e quindi trovare un diesse ad hoc). Un passo avanti e due indietro, insomma.
In questo ineffabile tourbillon, dove inevitabilmente fioriscono nomi di coach, dove un professionista serio quale Caja attende notizie con certosina pazienza e senso di rispetto verso quella Varese sempre inseguita (invece io, al suo posto, avrei già mandato tutti al diavolo), dove Re Tentenna ha validi appoggi nelle sue due corti (Cda del club e direttivo del consorzio “Varese nel Cuore”), chi ci perde davvero, oltre all’immagine della società, è la futura squadra, che per ora ha come culla l’acronimo SNAFU usato dagli inglesi nella Seconda Guerra Mondiale: Situation Normal, All Fucked Up (anche qui, prendete il dizionario).
Ma a Coppa dobbiamo riconoscere almeno una qualità: è un bravo scrittore di fiabe. Ripensando infatti a quanto sta capitando e rivedendo la vicenda di Iozzelli e Alberani, è riuscito a fondere due celebri favole: quella dell’asino di Buridano, che morì di fame in mezzo all’abbondanza, e quella dei Musicanti di Brema, famosi per essere andati a suonare e per essere rimasti suonati. Se mai dovesse decidere di lasciare il lavoro da commercialista, il futuro l’avrebbe comunque assicurato.