È solo questione di emozioni, sta tutto lì: nella pelle d’oca che viene nel compiere certi gesti, toccare certe cose, parlare con certe persone. Stanotte iniziano le Olimpiadi di Rio 2016, e noi quando pensiamo alle Olimpiadi pensiamo a Sandro Galleani e alle sue storie. Lui di Olimpiadi ne ha fatte cinque (Montreal 1976, Mosca 1980, Los Angeles 1984, Sidney 2000 e Atene 2004). Da Mosca e Atene è tornato a casa con due medaglie d’argento, e accompagnato dalla sua Egidia è venuto in redazione a farcele toccare. A regalarci emozioni a palate.«Un uomo sportivo che non ambisce a partecipare almeno una volta nella vita alle Olimpiadi, o non è un uomo o non è uno sportivo». Questa è la massima che apre i rubinetti dei ricordi e pure delle lacrime, con Sandro che si commuove come un bambino nel tenere in mano l’argento di Atene: «Nessun rimpianto. Perché come ha detto Recalcati la sera della finale persa, noi non abbiamo perso una medaglia d’oro: ne abbiamo vinta una d’argento». Difficile riordinare i ricordi, difficile riordinare gli appunti: ma visto che siamo partiti da Atene, restiamo ad Atene. «Avevamo vinto quella partita pazzesca con la Lituania, e il giorno dopo avevamo la finale. Nessuno riusciva a dormire per colpa dell’adrenalina che non se ne andava: si girava per le stanze, si parlava, ma il sonno non arrivava. I ragazzi si sono addormentati al mattino. Ecco: ci fosse stata una notte in più prima della finale, sono convinto che avremmo vinto noi. Anche perché l’Argentina aveva giocato la semifinale il giorno prima, quindi avevano riposato. Loro». La magia delle Olimpiadi. «Non c’è nulla di paragonabile: ho vinto Coppe dei Campioni
e scudetti, ho vinto Europei, ma le Olimpiadi sono un’altra cosa. Ed è anche difficile spiegarlo: bisogna viverle, per capire cosa succede in quelle tre settimane». Abbozzare una classifica delle emozioni, non è semplice: ma ci proviamo. «Le cerimonie d’apertura, quando ti senti tutto il mondo addosso. Il podio, e io sul podio ci sono alito davvero a Mosca anche se non avrei potuto. La quotidianità del villaggio olimpico, dove ti siedi a tavola di fianco a Carl Lewis e dove si può passeggiare con Dino Meneghin che viene fermato da tutti per una foto o un autografo».Aneddoti: «A Los Angeles perdemmo contro la Jugoslavia una partita già vinta, e ci giocammo la possibilità di arrivare a un argento che secondo me era praticamente certo. Stessa cosa a Sidney, con la squadra che arrivò nervosa dopo un avvicinamento ai Giochi durato due mesi, sempre via da casa, tra Hong Kong e Perth. Ma con il senno del poi, come diceva mio papà, diventano ricchi anche i poveretti. E poi, il mio aiuto concreto a Juri Chechi per recuperare dall’infortunio e arrivare all’oro di Atlanta, oppure quella volta a Mosca che Mennea era rimasto senza fisioterapista e accettò, lui personaggio così schivo e particolare, di farsi massaggiare da me. Ricordo che appena misi le mani sulle sue gambe, mi venne la pelle d’oca».Eccolo lì, Sandro Galleani, con al collo le sue medaglie d’argento. E di fianco la sua Egidia: seduta sotto l’aria condizionata, ha un brivido di freddo, e Sandro interrompe il racconto per andare a sistemarle il maglioncino. E allora capisci subito che lui la sua medaglia d’oro l’ha vinta, e ce l’ha in casa tutti i giorni.