– Caso Uva: ieri è stato il giorno delle difese. Ed è stato uno dei difensori dei sei poliziotti e due carabinieri a processo per l’omicidio preterintenzionale di , , a parlare alla corte d’Assise presieduta da. Mancini ha descritto A come «un falso testimone», non il testimone chiave presentato dalle parti civili, ma un uomo «che dal 1992 ha subito numerosi ricoveri a causa di problemi psichiatrici. Che
quella notte aveva assunto cocaina, fumato spinelli e bevuto». «Un uomo – ha detto Mancini – dalla personalità manipolabile e manipolatoria», che avrebbe adattato le proprie dichiarazioni in sede di querela per «assecondare », nell’ipotesi del pestaggio. Mancini ha sottolineato come siano stati «drammatizzati da Biggiogero in sede di querela le botte che sarebbero state inferte a Uva. Dichiarazioni che non hanno mai trovato un riscontro».
E per questo l’avvocato ha chiesto il rinvio degli atti in procura per verificare l’ipotesi di una denuncia per falsa testimonianza a carico di Biggiogero. Mancini ha lasciato sottintendere come sia stata proprio Lucia Uva, che da sempre sostiene che il fratello fu picchiato sino alla morte dopo essere stato fermato in via Dandolo con Biggiogero, a manovrare la vicenda in particolar modo sotto il profilo mediatico.
«Un processo mediatico – ha detto l’avvocato – costruito su false informazioni». Mancini ha iniziato dalle tempistiche. Biggiogero inizialmente dichiarava che Uva fu picchiato per ore nella caserma carabinieri di via Saffi. I tempi, però, sono diversi. Dal momento in cui Uva arrivò in caserma al momento in cui arrivò un medico a causa del suo forte stato di agitazione passarono al massimo 25 minuti.
«Le fotografie mostrate ai giornalisti con i lividi di Uva che non sono lividi ma macchie ipostatiche, come chiarito dal perito medico legale», ha detto il legale. E ancora le tracce di sangue sui jeans di Uva all’altezza del cavallo. «Presenti in precedenza – ha detto Mancini – perchè le condizioni igieniche di Uva non erano ottimali, come testimoniato in aula dal personale sanitario che quella notte lo ebbe in cura». Durante la lunga esposizione, Lucia Uva sottolineava le parole del legale con smorfie non gradite al presidente Piglionica che ha ripreso la sorella di Giuseppe intimandole di smetterla.
Mancini ha spiegato come «quella notte, fermando Uva e Biggiogero, mentre ubriachi spostavano delle transenne su via Dandolo carabinieri e poliziotti hanno compiuto il loro preciso dovere».
L’intervento era avvenuto su segnalazione di alcuni residenti infastiditi dalla presenza modesta. «Se non avessero agito in quel modo – ha detto il difensore – allora sì avrebbero commesso un illecito rendendosi responsabili di omissione di atti d’ufficio». Falso anche il movente che le parti civili avrebbero individuato. Uva non ebbe mai una relazione con la moglie di uno dei due carabinieri imputati. «Sono stati eseguiti tutti i controlli del caso, non è mai stato vero. Non è mai accaduto, è un’invenzione». Infine per Mancini l’accusa di «arresto illegale è un clamoroso abbaglio del gip». Si torna in aula l’11 marzo. Parleranno ancora i difensori, mentre la procura ha già chiesto l’assoluzione per tutti gli otto imputati.
Il pm aveva definito Biggiogero un teste «inattendibile».