VARESE Sono almeno 2 mila soltanto tra badanti e collaboratori domestici e soltanto nel Varesotto le persone che oggi si trovano nel mirino del decreto sicurezza entrato in vigore la settimana scorsa. Rientrano nella carica delle 12 mila, prevalentemente donne, dedicate per la grande maggioranza ad accudire i nostri anziani. Quelli malmessi che non sempre se la cavano da soli, quelli che non possono contare su figli pronti a farsi carico di loro, quelli che non hanno duemila o tremila euro al mese da dare a una casa di riposo. Quelli, in poche parole, che non hanno la minima intenzione di favorire l’immigrazione clandestina ma che, molto più concretamente, devono inventarsi una soluzione qualunque per tirare a campare.
VERIFICA LEGALE
Adesso che il pacchetto anti-immigrazione è diventato legge senza sanatorie per il provvidenziale lavoro delle badanti, vecchietti e familiari preoccupati si chiedono cosa ne sarà di loro. «Faremo degli approfondimenti giuridici in settimana – spiega Sergio Moia della Cisl – perché la lettura del decreto è complessa e per ora tutti si stanno basando solo sulle approssimazioni giornalistiche». Qualche punto essenziale però si può anticipare.
Chi ha una badante comunitaria può dormire sonni relativamente tranquilli: tranquilli perché in Europa non serve il permesso di entrata in un altro paese, relativamente perché serve comunque il permesso di lavoro e sostanzialmente la badante non regolare con il contratto è equiparabile a qualunque lavoratrice in nero, che ovviamente è illegale». Per chi ha in casa una domestica o una badante extracomunitaria, invece, meglio tenere un valium a portata di mano: si rischiano fino a tre anni di carcere. «La logica è semplice, la badante incorre nel reato di immigrazione clandestina e per lei scatta una sanzione da 5 a 10 mila euro in aggiunta all’espulsione, mentre chi la teneva in casa è colpevole di favoreggiamento». A confondere ulteriormente le idee, come se non lo fossero già
abbastanza, sono intervenute le dichiarazioni dei ministri Maroni e Sacconi che hanno sottolineato subito la non retroattività del provvedimento, pertanto nessuna colf o badante già in Italia sarà espulsa anche se entrata irregolarmente. «Hanno fatto bene a sottolinearlo – afferma Moia – ma c’è un problema diverso: la legge si riferisce a “ingresso e permanenza”, ciò significa che una badante non commette reato solo quando entra illegalmente, ma anche quando rimane lì dov’è stata fino ad oggi». Cosa succederà adesso? «Che avremo la solita legge farraginosa, un provvedimento fatto di intenti difficilmente applicabili. Alla fine si concederà al questore ampia discrezionalità, così molti chiuderanno gli occhi per non scegliere soluzioni peggiori del problema e qualcuno userà il pugno di ferro, di fatto sparando nel mucchio».
GRAZIE E ARRIVEDERCI
«Personalmente consiglierei al datore di lavoro di dire “grazie e arrivederci” – commenta Martine Illgen dell’Anolf-Cisl – Mi rendo conto che badanti affidabili e che conoscono l’italiano sono difficili da trovare, ma visto come vanno le cose meglio prenderne un’altra in regola». La maggior parte delle badanti, va detto, sono comunitarie: polacche, bulgare o rumene. Anche le irregolari però non sono poche, prevalentemente ucraine. «Dipende dall’ambasciata, normalmente la loro rilascia molto facilmente il visto con cui possono entrare in Italia e, una volta scaduto, dopo tre mesi semplicemente non tornano a casa».
«Il lavoro irregolare si concentra per un quarto tra le badanti – spiega Jacques Amani della Cgil – perché i controlli sono molto più difficili in ambito familiare. Il problema più grave però non sarà quello delle badanti ma dei nostri anziani che si troveranno accusati di favoreggiamento dei clandestini senza nemmeno rendersene conto e senza avere un’alternativa: è giusto puntare alla legalità, ma prima di questo bisogna almeno offrire i servizi minimi. Oggi i posti in casa di riposo non si trovano e quando si liberano hanno un costo insostenibile».
Francesca Manfredi
e.marletta
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