Adesso cambiate tutto. Ma fatelo fino in fondo

«Serve un dirigente forte che si occupi della gestione tecnica e un manager con le palle che gestisca tutto il resto in modo professionale e aziendale». Il commento del nostro Francesco Caielli

La premessa è talmente ovvia che non ci sarebbe nemmeno bisogno di farla. Ma siccome non si sa mai, tocca ribadire che tutti i discorsi fatti ieri nell’assemblea del consorzio diventerebbero aria al vento, se la Pallacanestro Varese non riuscisse a salvarsi. Qui, almeno per oggi, non parleremo di basket giocato: non punteremo il dito su giocatori scarsi, su un allenatore che sembra abbia perso pure lui la Trebisonda, su quel Wright che ora appare spaesato ma che alla fine sarà quello che ci salverà (segnatevelo). Qui, almeno per oggi, si parlerà di consorzio. Siamo sempre stati abbastanza schierati, da questo punto di vista: Varese nel Cuore è una grande realtà che da queste parti è sempre stata difesa. Vogliamo bene al consorzio: leggere della voglia del consorzio di prendere in mano al situazione non può che farci piacere. Le parole di Castelli vanno nella direzione giusta, sul solco degli errori commessi. Ci si è scottati e si rischia seriamente di morire, quest’anno, con un presidente al quale è stato concesso un potere spropositato sulle scelte tecniche e manageriali (dalla scelta dei giocatori fino alla mera gestione della comunicazione: in Pallacanestro

Varese, se un giornalista vuole intervistare Pinco Pallo chiede all’addetto stampa il quale a sua volta deve chiedere il permesso al presidente…). Ci si è scottati e si rischia seriamente di morire con un direttore sportivo preso perché non c’era più nessun altro sulla piazza: scelto quasi controvoglia al di là delle dichiarazioni di facciata (si era già capito tutto il giorno della presentazione a Palazzo Estense: il presidente e il coach in prima fila, il ds nascosto dietro ai giocatori e nemmeno citato per colpa di una “dimenticanza” che forse non era stata poi così casuale). Ci si è scottati e si rischia seriamente di morire con due Cda a bassissimo tasso di competenza cestistica (senz’offesa, ça va sans dire) in cui è mancata una figura in grado di capire cosa stesse succedendo e di intervenire subito, anche duramente.Bisogna cambiare: un dirigente forte che si occupi della gestione tecnica (Andrea Conti, lo ribadiamo, sarebbe perfetto), un manager con le palle che gestisca tutto il resto in modo professionale e aziendale.Avanti su questa strada, con un appunto. Si cambi, ma si cambi per davvero: rimpasti e ricicli tipicamente italiani, stavolta, evitiamoli.