Canottaggio, Luini deluso e arrabbiato «A Londra ci hanno lasciati soli»

VARESE Si è chiusa con tanta delusione l’Olimpiade di Elia Luini, ma anche con la testa alta e una punta di veleno. Giusto qualche stilettata, perché il fuoriclasse di Voltorre non cerca alibi o facili colpevoli: «Abbiamo mancato il passaggio in finale – dice – lo sport funziona così e questo conta. Conta l’amarezza che ho dentro, perché nonostante tutto ci credevo davvero». Invece, i sogni di gloria del doppio pesi leggeri di cui Luini è capovoga si sono fermati giovedì in semifinale, un quinto posto buono solo per la finale B, poi vinta.

Luini, facciamo un calcolo: quanta sfortuna c’è in quest’avventura?
Tanta, e non dico per accampare scuse. A Bertini, mio compagno nelle ultime tre stagioni, si è acuita un’ernia alla schiena due settimane prima di partire per Londra. Pietro Ruta è un ottimo ragazzo e atleta, ma eravamo poco rodati per un’Olimpiade. Il livello è talmente alto che basta mezza indecisione.

Poi?
Sono partito con 38 e mezzo di febbre da casa. Pur avendo vinto la batteria, siamo finiti in una semifinale che, dati i nomi, era una finale. Abbiamo corso in acqua 3, una corsia penalizzata dal vento. Insomma, ce n’è quantomeno per riempire una pagina.

E sulla strategia in gara non ha niente da rimproverarsi?
Lì no. Ci siamo scomposti per via del vento, ma una barca la riporti al meglio se c’è intesa tra chi rema. A noi mancava proprio l’esperienza insieme.

La preparazione scelta dallo staff tecnico è stata funzionale, o qualcosa ha girato storto?
Altre nazioni fanno cose diverse e migliori, spendendo di più e meglio, dando tutto nell’anno olimpico. Ma è un discorso vecchio. Se si considera che l’unica medaglia l’ha vinta il doppio senior Battisti-Sartori, che all’inizio non era nemmeno stato convocato, qualche domanda ce la si può porre. Sartori, poi, è un atleta pazzesco ed era stato assurdo snobbarlo. E ci sono altre cose che io come atleta ho digerito poco. La delusione che ho addosso rende tutto più pesante.

Tipo?
Noi pesi leggeri avevamo due tecnici, ma un solo pass garantito. Il secondo tecnico poteva entrare nella zona gara e allenamenti solo alternandosi con uno del settore senior. Voglio dire: montare una barca richiede persone, e puoi prendere i tempi solo se ci sono due allenatori.

Non l’avete fatto presente?
Sì, ho chiesto aiuto al team manager e al consiglio federale. Ho pure proposto una soluzione e non volevo passare per arrogante, ma mi hanno risposto che lo ero. Ripeto: non cose enormi, però sono dei sintomi di come, secondo me, la federazione non sia stata presente come avrebbe dovuto.

Ripensando a una simile eliminazione, quella ad Atene 2004, c’è qualche analogia?
Poche. In quel caso, c’erano già dei sintomi che io e Pettinari – che pure arrivavamo da tre Mondiali vinti di fila – non stavamo andando fortissimo. Questa volta ero più sereno: nonostante il cambio in barca all’ultimo, ci speravo sul serio.

E adesso?
Sono a Londra fino a giovedì. Poi ci sono i Mondiali in Bulgaria, a Plovdiv, a metà mese. Ci andrò contro ogni logica.

Perché?
Perché dopo un’Olimpiade è raro impegnarsi anche in un Mondiale. Ma l’aria che tira non mi piace. Non mi piace che nell’anno olimpico, in cui sul piano del prestigio i Mondiali passano sullo sfondo, si possa pensare di convocare atleti di società che poi possono darti il voto alle elezioni di rinnovo del consiglio. Ho detto: deve contare lo sport, e nello sport ai Mondiali ci va chi rema più veloce. Così, eccomi a bordo del quattro di coppia pesi leggeri.

E agli Europei in programma a Varese a metà settembre?
Non posso mancare. Quest’anno faccio davvero tutto, anche se lo stress da Giochi è logorante.

Andando ancora più oltre?
Rio 2016 era nel mio mirino già prima di Londra, anche se le cose fossero andate bene. Figuriamoci adesso che devo riscattare questa brutta esperienza.

Ruta è il compagno di barca con cui progettare?
Ci siamo trovati bene, Pietro è proprio bravo. Abbiamo tutto il tempo per costruire un equipaggio vincente. Già a Varese agli Europei potremmo essere noi due il doppio pesi leggeri.

Resterà tesserato per l’Aniene?
Il presidente del club, Giovanni Malagò, era a Londra con altri soci. Mai venuto meno il loro apporto. Di consiglieri federali a congratularsi o a rincuorare, presidente Gandola a parte, non ne ho visti.

Luca Ielmini

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