I fischi di una parte dei tifosi durante e dopo Varese-Lanciano fanno male. Fanno male ai giocatori, perché non li meritano. Tra i tanti motivi per cui non li meritano, c’è il fatto che rispetto a tanti avversari pagano un oggettivo dazio d’inesperienza.
Due esempi non a caso. Il quasi 19enne Scapinello entra – a freddo, sullo 0-1 e al posto di Zecchin, mica uno qualsiasi – e si trova di fronte il signor Mammarella, che a dispetto del cognome da film di Totò vanta 32 primavere, i gradi di capitano e uno dei piedi sinistri più chirurgici della cadetteria: fa fatica a prendere le misure e la gente, invece di aiutarlo, si spazientisce.
Il 20enne Petkovic (li compie domani: auguri) combina poco o nulla nelle grinfie di tizi che si chiamano Aquilanti (29 anni, lunga militanza in B), Troest (27, lontani trascorsi in nazionale danese), Ferrario (29 e passaggi in A) e lo stesso Mammarella: ci sta, il ragazzo sta imparando le malizie del mestiere e crescerà solo beccando sane legnate sui denti dai dirimpettai.
Nelle prime tre partite di questo campionato tutto in salita il Varese ha incontrato altrettante squadre più forti, più ricche, più tutto. Se i veterani Neto, Corti e Blasi – Iddio ce li conservi in salute – non l’alzassero fatalmente, avremmo un’età media verdissima, tra le più basse della categoria. Eppure s’è già annullata la penalità, e non era nei pronostici della vigilia, visto che sulla carta Spezia, Carpi e Lanciano come minimo sono squadre da playoff.
Quella che sta schierando Bettinelli – a sua volta esordiente in B dopo il felice cameo degli scorsi playout – è la formazione più economica, meno rodata e forse meno talentuosa dell’ultimo quinquennio trascorso in B. Sannino e Maran ebbero gruppi stellari al confronto: chi li invoca lo fa a sproposito, come ha ribadito lo stesso tecnico napoletano nel suo blitz di sabato a Masnago. Rivolete i vecchi, magari di grido ma con la pancia piena? Noi no.
Se ci fosse stato Peo Maroso… anzi no, riscriviamo: se Peo Maroso, che c’era come sempre, avesse potuto pure parlare, avrebbe messo in riga gli incontentabili fischiatori del sabato pomeriggio, chiedendogli cosa mai volessero di più.
E se fosse stato in panchina, secondo noi, il Peo avrebbe sfidato la gente, continuando sulla sua rotta aziendalista e fregandosene dei mugugni.
Farà lo stesso il Betti, perché il Varese è un progetto, non un’altalena di umori, né l’ammiccamento interessato per ingraziarsi la platea. Tocca alla platea capire, non al Varese spiegare.
Sabato si va a Vercelli, martedì sera a Livorno: due trasferte diverse ma ugualmente dure. La Pro ha suonato il Catania, gli amaranto sono tra le favoritissime per la promozione. Masnago dev’essere il fortino su cui costruire una storica salvezza, ma – provochiamo, sì – forse in questo momento di assestamento ambientale è meglio giocare fuori casa, dove le aspettative si abbassano e la mente si sgombra.
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