Presidente bocciato. Anche dal Consorzio

Il pagellone - Moretti il migliore, la dignità di Arrigoni, la stagione pre e post Wright. E senza il vizietto di Faye...

Tecnicamente indiscutibile, mentalmente alterno e rinato a furia di cazziatoni di Paolo Moretti, fisicamente non dotatissimo ma nemmeno inadatto alle battaglie d’area del campionato italiano e della terza coppa continentale (in cui ha dominato, salvo, purtroppo, che nella decisiva finale). Confermarlo? Nì (tanto non rimane lui…)

L’Altissimo fulmini chiunque si ostini ad accostare a lui la parola playmaker: peccato per l’altezza, altrimenti il termine guardia ci starebbe benissimo, invece. A salvarlo non sono bastati Wright, finale di stagione e talento.
Ha messo numericamente una toppa nel momento peggiore: non è poco per uno non baciato né dai crismi della tecnica, né da quelli dell’esperienza.

Guardia titolare (e ancora di più regista):no, non ci siamo. Sesto uomo (soprattutto se in forma): valore aggiunto se ce n’è uno, anche a un livello superiore di questo. Del capitano vengono in mente serate storte e pomeriggi di grazia assoluta, ma la sintesi lascia un piacevole sapore in bocca. Ragazzo intelligente, persona non banale, “carrista” convinto: bene ripartire da lui.

C’è un a.w (avanti Wright) e un d.w. (dopo Wright) nella storia di questa stagione: senza di lui si andava giù come il piombo, con lui si sono rischiati un trofeo e i playoff. Tempra d’acciaio, regia sopraffina, capacità offensive e difensive oltre la norma. È stato il bigino di Moretti per far imparare il verbo al resto dei giocatori: solo per questo vale una nuova “inchiostrata”. Rapida.

Da promuovere bene, pur con l’aspettativa di miglioramenti per l’anno prossimo. Lungo tosto e con armi valide anche lontano da canestro, solido in difesa, sveglio sugli scarichi. Peccato gli infortuni.

Lo ribadiamo: la miglior stagione varesina dell’estone. Non per le cifre, ma per il peso specifico di intelligenza ed esperienza. In 481 minuti giocati in campionato non ha sprecato un pallone transitato dalle sue mani. Prece a lui e a chi dovrà fare il mercato: mettetevi d’accordo, ci guadagnerete entrambi.

Lo Zibi Boniek di Bra ha brillato più in coppa che in campionato. Bella scoperta comunque: come uomo e come giocatore. Dalla A2, alle valigie quasi pronte a novembre, a un trofeo sfiorato da protagonista: la sua è una di quelle storie da raccontare. Anche l’anno prossimo.

Ha passato metà stagione a mirare al Sacro Monte più che al canestro. Poi, con Wright a consegnargli la boccia con il contagiri, ha dimostrato le sue eccelse qualità da tiratore, non sbagliandone più una. Giocatore intelligente e generoso, offensivamente rende e renderà solo in un sistema che gira.

Non abbiamo ancora capito se c’è materia su cui lavorare davvero: a Lorenzo (e al suo eventuale ritorno nei ranghi) l’ardua risposta.

Attilio Fontana: «Durante la presentazione in Comune sembrava dormisse». Non si è mai svegliato, caro signor sindaco.
Partire dalla panchina e avere davanti uno come Thompson è il sogno di ogni rincalzo: è riuscito a non sfruttarlo, facendo quasi peggio di lui.
Disabitato.
Vi rimandiamo al mito di Narciso per trovare tracce di Roko Leni e dello specchio d’acqua in cui è caduto, sito nei dintorni di Cucciago.
Si è goduto la vita e ha fatto svoltare la stagione con la sospensione. Per noi basta: Mouhammad “Bob Marley” Faye papa.

È capitato anche di dargli 10 in certe pagelle dell’anno. Quei voti erano quasi grida di dolore, come a dire: nella tempesta ci sei rimasto solo tu… A consuntivo il voto resta altissimo, il migliore. Per i numeri (conclude una stagione da 27 vittorie), per aver fatto sbocciare la squadra quando ne ha avuto una in mano, per aver sopportato malumori del contorno, litigate sopra, sotto e intorno a lui, per essere riuscito a mostrare (con l’aggiunta di un play vero) quanto sia bello il suo gioco corale, leggero, cestistico-comunista. Per il futuro dategli un gruppo con gerarchie tecniche precise, non una mediocrità spalmata su 10 giocatori 10.

Tanti i demeriti e gli errori, così come non banali i meriti. Incominciamo da questi: la Fiba Europe Cup sfiorata nasce dal suo intuito; durante la stagione ci ha sempre messo la faccia, davanti agli attacchi di stampa e tifosi; ha difeso a spada tratta coach, giocatori, scelte; su Wright “dicunt” che fosse arrivato già a dicembre, subito dopo Ukic. Lui, non altri. Poi, però, c’è anche il resto: l’aver preso in giro umanamente Attilio Caja (poteva dirglielo subito quel “grazie e arrivederci” che aveva in mente già a inizio maggio 2015) e la figuraccia del suo stipendio non corrisposto; i ritardi nello sfogliare la margherita tra Alberani e Iozzelli, salvo poi ripiegare sulla delicata rosa Arrigoni; il mancato raggiungimento degli obiettivi dichiarati; le uscite pubbliche fuori luogo; l’aver accentrato su di sé tutta la gestione, diventata personalistica; l’aver sottaciuto un buco di bilancio di oltre 400 mila euro, da lui non creato ma da lui gravemente sottovalutato fino a intervento esterno. È per quest’ultima colpa che i consorziati ne hanno chiesto sportivamente la testa, già a febbraio.

Primo: è un direttore sportivo, non un gm. Secondo: l’essere arrivato come terza scelta non ha facilitato il suo compito. Terzo: non ha trovato la giusta sintonia con Moretti nel mercato estivo e i risultati si sono visti. Perché non dargli 4, allora? Perché, pur sbagliando alcune scelte, ha sempre mantenuto la calma, non ha mai preteso la ribalta ed è rimasto in silenzio nei momenti bui così come in quelli della rinascita. Squallido il modo con cui è stato messo da parte a metà febbraio con un semplice articolo di giornale, senza comunicazioni ufficiali, senza che nessuno – né Coppa, né il Consorzio – intervenisse in sua difesa o avesse il coraggio di farlo fuori pubblicamente: per la dignità davanti a una situazione del genere, Arrigoni meriterebbe un 8.

Un errore grande e una medaglia che lo è altrettanto. Alberto Castelli e soci hanno sbagliato a ridare fiducia a Coppa: che il suo operato non sia stato soddisfacente, né gradito al Consorzio stesso, lo dimostrano i fatti degli ultimi mesi e la decisa esclusione del presidente uscente dal futuro societario. D’altra parte, tuttavia, Varese nel Cuore (l’anima di Varese nel Cuore, non tutte le 50 aziende: sia chiaro) ha salvato la Pallacanestro Varese da una situazione di bilancio fattasi nera durante l’anno, investendo nuove risorse, entrando in piazza Monte Grappa per sistemare conti disastrati, fatture che giacevano sui tavoli inevase, organizzazione latitante. Tutti compiti che non spettavano al Consorzio, ma che il Consorzio ha dovuto portare a termine per condurre in porto la barca. Coldebella, la maggior parte del nuovo cda e probabilmente il nuovo presidente – ovvero i cardini del domani – sono scommesse interamente ascrivibili al cda della proprietà diffusa: l’anno prossimo sapremo facilmente a che porta bussare per il rendiconto.