È un’occasione unica, che mi lusinga profondamente ma che mi preoccupa anche per l’importanza dell’incarico. Ho costruito comunque la squadra per questo campionato di Eccellenza con la stessa filosofia che ho sempre avuto nel settore giovanile e più della metà dei giocatori della nostra rosa è appartenuta al nostro vivaio.
Lo presi dalla Tognana di Busto e faceva il centrocampista. Poi si era adattato a fare l’esterno alto fino a indossare i panni del terzino. È uno che non molla mai e la sua zampata all’ultimo secondo di Atalanta-Verona per noi che lo conosciamo bene non è qualcosa di sorprendente.
Vi ricordate i gol che aveva rifilato al Novara nella stagione 2010-2011? Due all’andata e uno al ritorno. Lui è uno da derby, si esalta nella mischia.
Alla prima partita che facemmo in Eccellenza, nel 2004, lo portai al campo presentandolo a Sean Sogliano: dopo il novantesimo, il nostro direttore mi disse: «Ma dove l’hai preso? Questo, minimo, arriverà in Serie B». E poi fu Sean a portarlo con sé al Palermo in Serie A.
Sean sapeva che non sarei potuto andare con lui al Palermo perché ero impegnato qui con il mio lavoro. Neppure a Verona sono riuscito a seguirlo ma quest’estate mi stavo già preparando per ritrovarlo al Carpi, dove avevo già trovato un appartamento: ero dunque pronto a tornare a lavorare con lui ma poi il Varese è saltato per aria e io ne sono diventato il direttore sportivo.
In futuro sono sicuro che lo ritroverò e vi confesso che a maggio mi ha mandato un messaggio in cui c’era scritto: «Un giorno tornerò e insieme faremo grande il Varese».
Ci sentiamo spesso e anche Mauro Milanese, che diventò direttore dopo la partenza di Sean, mi chiama spesso. Sono loro a darmi consigli preziosi anche sul mio ruolo da d.s.
Ad entrambi. Con Sean c’era un rapporto strettissimo soprattutto in Eccellenza, Serie D e nella prima C2: quella con ancora Devis Mangia in panchina. Durante la settimana stavo a bordo campo, di fianco a Sean: seguivo tutti gli allenamenti e capivo che il suo carisma era unico. Adesso cerco di avere uno stile come il suo e come quello di Milanese. Ai tifosi dico: abbiate pazienza ma sappiate che sono disposto a tutto pur di riportare in alto il Varese.
Sean era sempre serissimo, Mauro un po’ più “light”, passatemi il termine inglese ma del resto lui in Gran Bretagna ha sempre fatto il leone… Devo fare il burbero? Ma questo è un ruolo a cui sono abituato fin dai tempi del vivaio biancorosso.
State parlando di Giuseppe De Luca e vi posso dire che lo sento ancora. Era, passatemi il lombardismo, un “ganassa”. Lui è così ma ha avuto un’infanzia difficile e tutti gli stavamo molto vicini. In particolare Edoardo Frattini, dirigente accompagnatore che per lui è stato un secondo papà. Io e Sean non potevamo tollerare che andasse male a scuola e mentre aspettavamo con fiducia che si rinforzasse fisicamente lo chiamavamo «nano», scherzosamente. Il Dante, al Goalasso, gli regalava un’aranciata dopo le partite in cui faceva gol.
E come potrei dimenticare una cattiveria del genere? Le firme in calce a quello scritto erano illeggibili e pretesi un’inchiesta della Federazione che, dopo aver interpellato 150 famiglie, in un periodo lungo otto mesi, riconobbe la mia totale pulizia, con una lettera quasi di scuse. Poi fui io a denunciare la calunnia e chi aveva indagato sulla lettera era quasi certo che fosse uscita direttamente dalla sede del Varese.
La situazione è legata alla cessione di Scapinello al Real Vicenza e di Azzolin alla Lucchese. Io ero contrario ai trasferimenti perché per me i talenti costruiti in casa devono restare qui a provare la prima squadra. Azzolin avrebbe dovuto incominciare proprio con la formazione titolare nel gennaio del 2014 ma invece è passato altrove. Evidentemente il presidente Laurenza stava già ascoltando altre persone di cui si fidava di più.
Il Varese è ripartito dall’Eccellenza e deve fare i conti con la categoria. Lo scouting è fondamentale ma per noi adesso è un anno zero e le priorità possono essere altre. Verdelli a Varese l’ho portato io quando era a Meda e in biancorosso ho chiamato pure Masini, Belluzzo e tanti altri. Nel maggio del 2014 sono stato io a essere isolato e d’un tratto non ho più sentito Verdelli, con cui prima ci telefonavamo più volte al giorno.
Sì e il merito è di tutti. Dei veterani Marrazzo, Gheller, Luoni, Viscomi e Capelloni. Di uno come l’inossidabile Paolo Maccecchini, dirigente che perde apposta le scommesse e paga la pizza ai giocatori pur di fare gruppo e di cementare lo spogliatoio. E dei giovani che sono sempre positivi.
Vogliamo passare il turno ma terremo d’occhio anche il derby di domenica con il Legnano. Qualche giocatore, come Marrazzo e Pià, deve ancora recuperare e bisogna dare spazio anche a qualche giovane per dargli l’occasione di far vedere quanto vale.
Il derby è un esame: per la prima volta non ci saranno solo tifosi del Varese e dunque la partita servirà per saggiare appieno le nostre forze.
Non riesco a capire se davanti agli avversari questa squadra è troppo sicura e piena di sé, un po’ come fa il gatto con il topo, oppure se è intimorita dal dover giocare davanti a un pubblico così numeroso. Sente troppo la pressione o ha eccessiva fiducia in se stessa? Siamo giovani e dobbiamo ancora crescere ma vorrei che i ragazzi accontentassero di più il pubblico che ama poco il giro palla, anche se questa tattica può essere essenziale. La gente del Franco Ossola pretende l’arena e vuole un Varese arrembante come quello di Sannino. Melosi che ha indossato la maglia biancorossa da ragazzo sa che cosa significa calpestare l’erba di Masnago e farà capire ai suoi che cosa significa “fare la partita” nel nostro stadio.
L’attesa dell’esordio in casa del Verbano. Che brivido ho sentito sulla pelle entrando alla Bombonera di Besozzo, davanti a 1.800 spettatori che volevano solo una cosa: vedere vincere il Varese. Quella giornata io non l’ho vissuta da direttore sportivo ma da tifoso.
Tutti, se vogliono, possono fare qualcosa di buono. Lercara ha ottime potenzialità tecniche, Zazzi e Balconi sono molto interessanti.
Con quasi tutti. Di De Luca ho già detto ma posso citare anche Lazaar. Questi sono i nomi più conosciuti ma ci sono anche quelli di Scialpi e Pompilio che gioca in Serie D e che tenterò di riportare a Varese.
Sì fra me e loro c’è un po’ il rapporto che c’è fra un padre e un figlio con cui occorre sincerità e a volte fermezza.