Una Stella è per sempre. Auguri, Roosters

L’anniversario - 17 anni fa il 10° scudetto con coach Recalcati: «Epico, indimenticabile. La gente era “fuori”»

«Pronto, Recalcati? Lo sa che giorno è domani?». La risata che arriva dopo un attimo di silenzio è più di una conferma: Carlo Recalcati lo sa. Eccome se lo sa. Vorremmo provare a chiedergli se si ricorda nello stesso modo anche gli altri giorni “x” di una carriera così vincente, ma ci culliamo volentieri nel dubbio che, anche per lui, la Stella rimanga qualcosa di irripetibile.


Io la penso diversamente invece: tutto ruota intorno al fatto che quella vittoria arrivò dopo un digiuno troppo lungo. La generazione che a quei tempi frequentava il palazzetto aveva nell’anima un desiderio fortissimo: provare le stesse sensazioni che avevano provato i padri, i fratelli maggiori o gli zii. Era una generazione che aveva vissuto solo di racconti, con un vuoto enorme da colmare. È per questo che lo Scudetto della Stella è rimasto epico e indimenticabile.


Non mi ci vuole nemmeno un secondo per andare con la mente alla soddisfazione di chi era intorno a noi. Io ebbi la fortuna o la bravura di soffermarmi su quello che mi accadeva vicino: la gente era fuori di testa, letteralmente. E fu bello pensare: è anche merito tuo…


Quella gara-3 l’abbiamo dominata. Ogni dubbio fu spazzato dalla gomitata di Nicola al Poz: a quel punto perdere diventò impossibile, perché Gianmarco usò le sue doti da attore consumato per portare tutta la carica dell’episodio dalla nostra parte. In generale quella partita rappresentò il modo di raccogliere il frutto del lavoro di un intero anno: qualche tempo prima c’era stata un po’ di insicurezza, un po’ di paura di sbagliare sul più bello, di non raccogliere nulla. Lì no: eravamo totalmente sicuri di noi.

Giocammo sulla stessa forza della Benetton, capace di mettere in campo quintetti molto alti. Non ci spaventammo: Sandro De Pol marcò Rebraca facendogli sentire il fisico e, dall’altra parte del campo, ci consentì, insieme a Jack Galanda, di aprire gli spazi per le penetrazioni di Pozzecco. Le scelte furono premiate: ci permisero di vincere, anche se non eravamo i più forti.


Contavo che qualcuno lo fermasse, come poi è avvenuto. Gianmarco in quel momento era il simbolo della spavalderia di quella squadra, un gruppo di giocatori che non aveva soggezione di nessuno. Altro che Nicola: il Poz avrebbe menato pure Cassius Clay…


Tantissimo. Fu la mia prima vittoria della carriera da allenatore, un obiettivo che non mi ero mai prefissato: allenavo perché mi piaceva farlo, non per vincere il campionato. A Varese acquisì quella sicurezza nelle mie scelte che mi permise poi di vincere anche altrove, pur percorrendo strade opposte. Il successo fu la prova di come fossi in grado di adeguarmi alle squadre che guidavo, sfruttando il meglio delle loro armi. Le mie convinzioni si solidificarono, per sempre.


Jack Galanda, senza dubbio. E l’ho dimostrato davvero, perché me lo sono portato dietro anche alla Fortitudo Bologna, in Nazionale, a Siena e di nuovo a Varese: un lungo tattico come lui non si regala a nessuno. E poi Andrea Meneghin, perché ci sta dappertutto.

Non manca nessuno?

Va beh il Poz, quasi scontato… Il meglio che esista (ride ndr) per chi vuole arrivare a un grande risultato in modo non lineare, complicandosi la vita.


Claudio è una persona che ha sempre fatto bene ovunque, come giocatore e come dirigente. È uno quadrato, uno che mette il cuore in qualunque realtà lo coinvolga. Sento molta considerazione nei suoi confronti.


Non se n’è più parlato perché non è mai stata un’ipotesi concreta. In diverse occasioni ho incontrato Alberto Castelli alle partite senza mai tirare fuori l’argomento. E, d’altra parte, io stesso non sono uno che si propone… Mi resta l’affetto che i tifosi mi hanno fatto provare, così come il piacere di essere stato considerato per un ruolo che non è mai stato il mio: significa che ho lasciato qualcosa.

Non ho l’ansia di deciderlo, né particolari aspettative. Vivo molto bene questo momento: se dovessero arrivare opportunità, le valuterò.