VARESE Fauna sempre più prospera sulle prealpi del varesotto dove le popolazioni di ungulati (cervi, caprioli e cinghiali) sono in costante crescita grazie a spazi vitali più ampi e a una politica faunistico-venatoria sempre più oculata. A raccontare il fenomeno sono i dati raccolti da uno studio condotto dall’Università dell’Insubria per conto dell’assessorato alle politiche agricole della Provincia. Un monitoraggio puntuale del territorio i cui risultati sono stati presentati da Guido Tosi, docente di zoologia al nostro ateneo e coordinatore del progetto,
intervenuto durante l’ultima seduta del consiglio provinciale che ha poi approvato all’unanimità il nuovo regolamento per la gestione faunistico venatoria degli ungulati nel Varesotto. Una regolazione dei periodi e delle battute di caccia indispensabile a garantire che questa rinaturalizzazione del territorio, auspicata da più parti dopo che nel ’900 l’ecosistema naturale del nord della provincia era stato quasi azzerato, non provochi disagio alla popolazione che vive a ridosso delle aree verdi dove aumentano i rischi di incidenti stradali causati dall’attraversamento di animali selvatici e di giardini e raccolti rovinati.
CERVI E PERSiNO CAMOSCI
Qualcuno potrebbe rimanere sorpreso nell’apprendere che oltre ai cinghiali i boschi del nostro arco prealpino pullulano di circa ottocento cervi, un migliaio di caprioli e circa 200 camosci, questi ultimi presenti solo nel territorio più prettamente alpino delle Valli Veddasca e Dumentina, sopra Luino. A dirla tutta c’è persino una colonia di mufloni originari delle isole mediterranee: «Si tratta di una specie tipica della Corsica e della Sardegna portata sulle Prealpi in zona Laveno nei primi anni ’90 – spiega il professor Tosi – Gli inverni poco selettivi della bassa montagna si sono rivelati ideali per loro, che hanno creato una colonia di quasi 300 capi però adesso va gestita con particolare attenzione – aggiunge – Dobbiamo evitare che si espanda ancora perché potrebbe mettere in difficoltà la sopravvivenza dei camosci, che invece sono una specie autoctona».
Autoctona sì, anche se per tutto il ’900 e sino ad appena 30 anni fa sembrava quasi scomparsa per effetto dell’urbanizzazione da un lato e della caccia senza regole dall’altro: «Effettivamente il progressivo abbandono delle aree agricole in bassa montagna ha lasciato agli ungulati uno spazio maggiore e più confortevole alla sopravvivenza – spiega Tosi – e la maggiori regole sul rispetto dell’ecosistema e della biodiversità, regole che hanno coinvolto anche la caccia, hanno fatto il resto contribuendo a invertire la tendenza per questi animali selvatici la cui popolazione ha ripreso a crescere. Una crescita che però non è sempre positiva e va regolata», precisa il professore con riferimento non solo ai mufloni di cui si è già detto, ma anche a cervi e cinghiali.
Anche per questo la Provincia di Varese ha deciso di dotarsi di un nuovo regolamento regolamento faunistico-venatorio «che sappia far tesoro dell’esperienza maturata negli ultimi cinque, sei anni di lavoro in collaborazione con l’Università dell’Insubria e con gli Ambiti di caccia e i cacciatori nella programmazione e nella gestione dell’attività venatoria», ha spiegato soddisfatto l’assessore Bruno Specchiarelli. In pratica la Provincia si è dotata per la prima volta di un regolamento complessivo della caccia selettiva degli ungulati necessaria a mantenere sotto controllo la crescita della popolazione animale. In questo quadro ha poi previsto un capitolo a parte dedicato specificatamente al cinghiale su cui, oltre alla caccia selettiva sarà possibile anche quella collettiva. Una quarta parte del nuovo regolamento è dedicata al prelievo di controllo delle specie problematiche e per finire ci sono gli articoli che stabiliscono le sanzioni da comminare ai cacciatori di frodo e ai trasgressori. A parte i criteri per l’assegnazione dei capi da abbattere ai cacciatori.
Lidia Romeo
e.marletta
© riproduzione riservata