Matteo Scapini è l’uomo chiamato a far dimenticare Carminetor Marrazzo, dalle parti di Masnago.
Il trono, lasciato vacante dal re, è pronto per essere preso dal suo successore: dal puntero che guiderà l’attacco del Varese nella prossima stagione. E, trentun gol nelle ultime due stagioni in Serie D, parlano per lui.
Quando una società come questa ti chiama, tu devi rispondere presente all’appello.
Dice?
Il Varese, fino a due anni fa giocava in B, ed è lì che tornerà. Far parte della storia di un club come questo, fa sempre piacere. Poi…
Poi diciamo che questa società non è destinata a rimanere in D tanto a lungo. E, dalle parole del direttore sportivo Merlin, ho intuito che c’è una grande voglia di fare subito un campionato di vertice.
Con Merlin è stata una trattativa lampo. Avevo solo un dubbio: la lontananza dalla mia famiglia. Ma, fortunatamente, è stato fugato in fretta.
Beh, per me la famiglia è importantissima, ho una moglie e due figlie, e stare lontano da loro per me è impossibile. Loro sono la mia forza, in campo e fuori.
Sì: per un attaccante, per ogni attaccante, c’è sempre il momento in cui la palla non vuole entrare in porta. E, se in quei momenti, che possono capitare, non hai vicino la famiglia che ti sostiene, fai fatica ad uscirne da solo.
Ho saputo della sua stagione, e di quella di tutta la squadra. Sicuramente ha dato una mano importante a vincere l’Eccellenza, ma permettetemi di dire che confronti non se ne possono fare: l’anno scorso eravamo in categorie diverse, quest’anno pure. Io sono venuto al Varese per fare bene e dare tutto, portandomi dietro i miei colpi e i miei numeri.
Io sono un attaccante che ama giocare sulla profondità. Amo fare movimento e contromovimento sul primo palo in area in modo di rendermi imprendibile dai difensori.
Sfruttare il posizionamento in campo e i cross dalle fasce.
Che lo conosco, perché qualche anno fa ci ho giocato contro. E so che sono un pubblico caloroso, come pochi altri nel nord italia, in queste categorie.
Immagino. E non vedo l’ora di scendere in campo con loro. Perché per fare una grande stagione, i tifosi sono fondamentali. Io ho giocato a Verona, e anche lì c’è la pista. Ma quando il pubblico è caldo, cancella tutti i “difetti” degli stadi.
Ha fatto bene o male?
Allora sarà un orgoglio per me scendere in campo con lo stesso cognome, anche perché pure mio papà si chiamava Giorgio.