Apre la Porta Santa: la paura non ci ferma

Un migliaio di varesini ha assistito all’apertura del Giubileo al Sacro Monte. Quattro i vescovi presenti. L’appello di monsignor Agnesi: «Impariamo a volerci bene e impariamo a scoprire il bene negli altri»

Varese apre la sua Porta Santa, senza paura (nonostante l’allerta rimanca alta e non siano mancati controlli, discreti ma fermi, da parte delle forze dell’ordine) e con un migliaio di fedeli pronti a raccogliere il messaggio della fede: «È una città di misericordia. Impariamo ad esprimerla». È chiaro il messaggio del vescovo, monsignor , nel dare il via al Giubileo ambrosiano nella zona di Varese insieme ai vescovi Giudici, Ferrari e Stucchi. «Ciascun varesino deve imparare a volersi bene, scoprendo così di essere amato dal Signore. E

nello stesso tempo scoprire il bene che c’è negli altri. Se riusciamo a vederlo, non diventiamo gelosi, né invidiosi, ma piuttosto creativi e ciascuno comprende di poter fare il meglio che ha dentro di sé». Varese ha già queste potenzialità, secondo il vicario episcopale, «forse occorre soltanto incoraggiarle. Chissà che la salita la Sacro Monte, con le sue fatiche, porti anche la libertà e la scioltezza di chi si è tolto un po’ di pesi, ma nello stesso tempo ha trovato più pace e più forza».

«La felice compresenza di ben quattro vescovi – ha spiegato l’arciprete di Santa Maria del Monte, monsignor – dà maggior solennità all’evento e costituisce una bella testimonianza di fraternità sacerdotale». Un pensiero che coincide con quello di Agnesi,che aggiunge: «In quattro diamo un segno di comunità, di fraternità e di comunione: doni grandi che la misericordia di Dio ci può dare». Questo può valere per «tutti i luoghi in cui si sta insieme, dove imparare a stare bene in maniera migliore e in cui ci si accorge degli altri e delle fatiche altrui. Ci siamo “fatti in quattro” perché insieme si possono trovare modi per aiutare, per inventare, per scoprire cose nuove». Il Giubileo è un momento «personale di conversione di apertura alla carità, ma può essere anche un dono per tutti se scopriamo che la misericordia è il segreto della vita comunitaria e della vita fraterna». Dal loro convento hanno assistito alla celebrazione seguita all’apertura della Porta Santa, anche le romite ambrosiane. «La vita religiosa è per sua natura segno credibile del Vangelo che è misericordia – ha detto monsignor , vicario episcopale per la vita consacrata femminile. «La testimonianza dei religiosi, ha il tratto di ricondurre al dovere della misericordia che è destinata a tutti e deve arrivare oltre tutte le porte della vita. Perciò la presenza sul tettorio di una Porta Santa ci fa sentire più vicino a questo modo di amare di Dio, ci incita e ci stimola da vicino a testimoniarlo». «Si apre un anno di celebrazioni per il rinnovamento della vita cristiana» ha spiegato monsignor , ieri era alla sua prima uscita pubblica da quando è tornato nella natìa Varese. «Misericordia significa non avere debiti e crediti con nessuno. L’ Anno Santo è il momento in cui riguardiamo a noi stessi e ci rendiamo conto se abbiamo da ridare agli altri ciò che, magari senza accorgercene, abbiamo preso da loro. Penso ad affetti non ricambiati, a condizioni economiche buone a fronte di povertà e miserie, buona integrazione nella vita sociale mentre altri sono ai margini». «Penso anche ad aspetti concreti delle vita di tutti i giorni anche nelle parrocchie: liti, gelosie, chiacchiere, senso di voler essere i primi. Sono aspetti nei quali la misericordia è chiamata a farci comprendere cosa dobbiamo cambiare e in che maniera mutano i rapporti con gli altri».

Potendo chiedere un’intercessione alla Madonna del Sacro Monte, il vescovo, monsignor , domanderebbe «di diventare sempre più uomini di pace. La possibilità di sistemare al meglio tutti i rapporti: a partire da quelli con la gente, ma anche col mondo della cultura, senza dimenticare gli aspetti sociali e perfino quelli politici, che tra poco saranno sempre più presenti».