Cambiare prospettiva. Guardati da riva, dal centro, dalle stanze della politica o da quelle delle istituzioni, i problemi del lago di Varese sono sempre gli stessi. Più o meno conosciuti, più o meno risolvibili: inquinamento, bracconaggio e mancanza di turismo al di fuori di quello collegato al canottaggio. Allontanarsi dai moli serve a capire meglio la loro dimensione e i motivi che li generano, dotandosi
di una chance che a Varese e dintorni non coglie quasi nessuno (perché?). Viaggiare su una piccola barchetta con motore elettrico significa infatti immergersi in un mondo unico e sconosciuto ai “terraioli”, fatto di uccelli che sfiorano lo scafo, carpe che guizzano provocando piccoli mulinelli, panorami mozzafiato vicini e lontani, natura rigogliosa e variegata che orna le sponde lontane dalle strade o dalla ciclabile.

Una visione d’insieme non ha funzione soltanto contemplativa, ma è in grado di regalare anche tante risposte. A chi si chiede, per esempio, perché d’estate il bacino si deturpi di alghe, oppure perché – quando piove troppo – lo stesso si riempia di acqua putrida e marrone.
E poi dove si nascondono – e quali sentieri percorrono – i bracconieri che di notte gettano le loro reti abusive, depredando la fauna? E che peccato mortale è l’assenza di un turismo semplice come quello legato alla pesca sportiva o che proponga un servizio di trasporto lacustre, fosse solo per ammirare il Campo dei Fiori o il Monte Rosa dalla placida calma delle acque? Sfruttando la guida di due appassionati come
, “carpista” (ovvero pescatore sportivo di carpe e di altri predatori) da decenni, e di , attivista cittadino, ieri- candidato sindaco del Movimento Cinque Stelle varesino – è salito in barca e ha spiegato a La Provincia di Varese le sue idee per risolvere le tante questioni latenti che attanagliano lo specchio prealpino.

Un viaggio effettuato da Oltrona a Biandronno seguendo il profilo delle rive, un percorso estetico colmo di rabbia per chi ama il lago: basterebbe poco per cambiare. In primis aprire gli occhi. Pronti via e subito si trova il primo tubo che scarica nel bacino: «Acque chiare?» si chiede Steidl sapendo, purtroppo, che quella non è la risposta corretta. Da Oltrona fino al lido di Gavirate si contano decine di case costruite sulla riva: quasi tutte hanno un’apertura che conclude nel lago il percorso delle tubature. La domanda è sempre la stessa: cosa esce? «Impossibile che queste costruzioni siano collegate alla rete fognaria e quindi al collettore – spiega Marussi – La maggior parte ha una vasca biologica con uno scarico di troppo pieno che insiste direttamente nel bacino, riversando detersivi, escrementi, rifiuti».

Impossibile cogliere tutto questo da terra: bisogna salpare per capire. Steidl: «Il fulcro dell’inquinamento sta quasi proprio qui. La prima cosa da fare sarebbe una ricognizione e un vero censimento degli scarichi, magari utilizzando un drone per riconoscere anche quelli nascosti (tra il lido di Gavirate e Bardello ce ne sono diversi celati fra i canneti). Quelli impossibili da collettare vanno chiusi, oppure va imposto ai cittadini l’uso di un depuratore».
Anche perché i reflui che arrivano da terra hanno una conseguenza visibile a chiunque: le alghe, che si alimentano con il fosforo degli scarichi e proliferano nella bella stagione. La loro presenza – visibile anche in una giornata d’inverno in alcun anse riparate – è il motivo della non balneabilità del lago: «Va anche sistemato il collettore – continua Steidl – in modo che ci sia una netta separazione fra le acque chiare e le acque scure: oggi, quando piove troppo, nel lago entra di tutto».

«C’è chi pensa ai grandi progetti per risanare il bacino da tutti gli inquinanti (metalli pesanti) che sono stati sversati dalle fabbriche negli ’70 e ’80: quelli si sono sedimentati sul fondo e sono come inertizzati, non costituiscono più un problema. Agiamo su quello che entra ora: tempo cinque anni e il lago tornerà balneabile». Oggi, invece, c’è solo inquinamento su inquinamento. «Guardate qui – dice Marussi mentre si passa vicino al lido di Gavirate e la barca tocca con la sua chiglia un terreno nero, torbido, innaturale – Il fondo del lago è cresciuto di diversi centimetri per tutti i depositi che ci sono stati».
