Non puoi comprare? Almeno non vendi

Il Varese ha 19 punti come il Bari milionario e uno in meno del Catania galattico solo grazie al gruppo
Una corsa di Lupoli, l’attaccamento di Fiamozzi, il fuoco di Rea: sposti una virgola al mercato e vai giù

Sapete perché il Varese ha conquistato sul campo 19 punti con i senatori di cinque anni fa e una banda di ragazzi, gli stessi 19 punti della corazzata Bari che ha 20mila spettatori e pensava di fare una passeggiata verso la serie A, gli stessi 19 punti del Brescia tenuto assieme da trentenni più un certo Caracciolo pagati come l’oro, 4 punti in più dei Paperoni di Latina e 1 in meno del Catania galattico?

Quei 19 punti sono arrivati per due motivi: 1) il gruppo, e per gruppo intendiamo quella cosa che fa correre Lupoli cento volte più forte di quello che correrebbe in qualunque altra squadra, oppure che permetterebbe a Fiamozzi di trasmettere anche a Babbo Natale – se giocasse nel Varese – l’attaccamento alla maglia, quell’attaccamento che alla lunga porta più punti, per dire, di Sforzini; 2) il senso di famiglia che si respira sempre al Varese, nonostante passino gli anni e nonostante cambino le categorie. La salvezza conquistata a giugno è un miracolo che si spiega solo con la compattezza e la familiarità dell’ambiente. Prendete il pubblico; alla lunga crea un’atmosfera che vale punti in più in classifica. In altre piazze, anche con migliaia di spettatori in più, la gente non sa remare nella stessa direzione della squadra ma la porta sugli scogli.

Affinché quei 19 punti in 17 partite siano serviti a qualcosa, e si riesca a farne almeno altrettanti nelle stesse 17 gare del ritorno per superare le penalizzazioni prese dalla società portando in porto la barca, al mercato di gennaio questo gruppo almeno non va toccato, visto che pare impossibile rafforzarlo. Nemmeno una virgola deve essere spostata dallo spogliatoio di Bettinelli, perché il Varese è aggrappato soprattutto alle virgole, mancando il resto. Abbiamo citato non a caso Lupoli, e altrettanto non casualmente Fiamozzi (avvistati a Masnago osservatori del Chievo), ma potremmo aggiungere Rea se è vero che da Carpi qualcuno che ben lo conosce sarebbe pronto a strizzargli l’occhiolino: spostando uno solo di loro o degli altri, al di là

di come abbiano giocato o non giocato finora, non sposti semplicemente un giocatore ma ciò che incarna in questa squadra. E cioè la capacità, in un’ultima battaglia per la salvezza, di andare oltre i propri limiti per quel senso di appartenenza che trascina poi anche tutti gli altri oltre i loro limiti. Chiunque dovesse arrivare, soprattutto se giovane, non potrà mai in pochi giorni o in poche settimane mostrare l’unica cosa che serve quest’anno ai biancorossi: vivere la maglia come una seconda pelle e lo spogliatoio come una famiglia (tutto ciò fa la differenza nel Carpi primo in classifica o l’ha fatta, per esempio, nel Cittadella un anno fa quando si salvò partendo da 11 punti di svantaggio sul Varese).

Forte per il Varese non è solo Forte, Miracoli non è solo Miracoli, Bastianoni non è solo Bastianoni, Capezzi non è solo Capezzi: c’è attaccato più di un nome o di una pedina di mercato sulle loro maglie, ed è quel “più” che ci salva o ci fa retrocedere.
La società deve preoccuparsi anche o soprattutto di questo in una piazza che vive o muore “solo” di questo. Indimenticabile una frase di Stefano Capozucca prima del mercato di gennaio nella stagione dei playoff per la serie B persi a Cittadella (’99/2000): «Non posso comprare nessuno? Allora non vendo nessuno».
Al presidente Laurenza, che ha messo in gioco tutto e forse più di tutto per il Varese, domandiamo: è meglio ammettere di non riuscire più a fare la serie B, mettendo in vendita ufficialmente il club – sempre che non serva consegnare le chiavi o i libri contabili – o cercare drammaticamente una pezza di mese in mese, sapendo che questo bagno di sangue senza investitori o compratori non avrà mai fine?

: in questa situazione il vero Natale del Varese non ha bisogno di cene o feste, ma di un umile e spartano brindisi.