Si chiamano e e sono madre e figlia. Le due donne varesine, da tempo, sono senza fissa dimora. Per ripararsi dal freddo e dai pericoli della strada hanno scelto i “tunnel” dell’ospedale di Circolo come giaciglio per trascorrere la notte. Pina ha circa sessant’anni e Laura una quarantina: madre e figlia sono inseparabili e cercano, come possono, di prendersi cura l’una dell’altra. La loro situazione è nota agli uffici dei Servizi Sociali varesini. Le due donne sono conosciute tra gli infermieri e i medici che operano nel presidio varesino. La politica adottata dagli operatori sanitari è quella del quieto vivere: «Finchè non arrecano disturbo o creano problemi di quiete pubblica, non c’è ragione di allontanarle».
Anzi, medici e infermieri si prendono cura di loro. La signora Pina, che al momento ha qualche problema di salute, è stata medicata e curata all’interno del Pronto Soccorso. Rimaste senza un tetto sopra la testa, perché morose da tempo nei confronti di chi aveva dato loro l’appartamento in cui risiedere, le due donne non hanno molta alternativa: in città non esiste una struttura di emergenza che possa ospitare senzatetto di sesso femminile. «Da anni sostengo che anche a Varese servirebbe una struttura di emergenza per ospitare le donne che, come Pina e Laura, si trovano a dormire in strada – spiega, coordinatrice dei City Angels – Una struttura gestita da volontari preparati, come ad esempio i volontari della Croce Rossa, o dell’associazione dei Carabinieri in pensione. Trattandosi di situazioni di emergenza, e quindi spesso di casi al limiti o di difficile gestione, è necessario che chi si alterna nei turni di volontariato sia formato e preparato a gestire anche situazioni difficili». Le due donne trascorrono la giornata nel Centro Diurno “Il Viandante” di via Grandi. Poi, quando il centro chiude i battenti alle 17.30 passano dalla mensa serale messa a disposizione dalle suore della Riparazione di via Bernardino Luini.
Terminato il pasto caldo, madre e figlia si incamminano verso l’ospedale, prima trascorrendo qualche ora all’interno della hall del Pronto Soccorso e poi cercando un po’ di tranquillità e riposo nei tunnel del vecchio presidio. Quella di Pina e Laura é una delle tante storie di esclusione sociale che porta con sé problematiche complesse e di difficile gestione. La condizione in cui versano le due donne non è una scelta, ma l’ultimo passaggio di un percorso finito ai margini della nostra città, nel disagio di non essere in grado da sole di rimettere insieme i puzzle della loro vita. «Il problema legato alle donne senza fissa dimora – continua la Aimini – ormai riguarda anche Varese. Non possiamo fare più finta di niente ed è giunta l’ora di mettere in atto azioni concrete per cercare di trovare una soluzione a questa criticità. Questa mia convinzione non finisce qui, con un appello alla sensibilità nei confronti di questa tematica, intendo farmi portavoce di questa causa cercando di ottenere un risultato concreto». In una società pronta a nascondere l’inopportuno, dove si spendono centinaia di euro in deodoranti, detersivi e profumi, l’ingombrante corporeità di questi invisibili ci imbarazza. Il non possedere niente, nemmeno un letto, diventa una colpa. Questa è una faccenda che riguarda tutti e ciascuno. È il punto di arrivo (ma non certo la fine di un processo) di qualcosa che si è messo in moto con la fine del mondo come lo conoscevamo fino agli anni Novanta. «Non è la solita emergenza, ma una condizione con cui, ormai, dobbiamo fare i conti ogni giorno». O meglio, ogni notte.