– Maurice Steger non è umano. O meglio, la sua arte ha qualcosa di inverosimile che lo apparenta a fenomeni come Nicolò Paganini o Franz Liszt, gente che con uno strumento musicale fa quello che Messi e Neymar ci regalano con un pallone tra i piedi. Steger, svizzero di Winterthur, è considerato il massimo virtuoso mondiale di flauto dolce barocco, e ieri pomeriggio all’auditorium del Lac di Lugano ha incantato il pubblico con esecuzioni vivaldiane da brivido, il tutto con una disarmante facilità che gli viene da una natura straordinaria e da anni di studio, prima in Europa e quindi negli Stati Uniti, e la frequentazione delle migliori orchestre barocche in circolazione. Una delle quali, “I Barocchisti” diretti da Diego Fasolis, lo ha accompagnato nella velocissima cavalcata tra le note del Prete Rosso, prima nell’esoterico Concerto in sol minore “La Notte”, con tanto di evocazione di fantasmi, quindi nel mirabolante “Il Gardellino”, entrambi tratti dall’opera 10 del veneziano.Un istrione, Steger, che si diverte come un matto trovando suoni come per incanto, saltella sul palco e dialoga anche con la mimica con il primo violino o il direttore, mentre sta eseguendo passaggi di spaventosa difficoltà senza sporcare una nota. Normale quindi che all’intervallo della serata ci fosse la coda per acquistare il suo cd con i Concerti di Vivaldi, inciso lo scorso anno proprio con “I Barocchisti” e autografato per l’occasione dal virtuoso, sorridente e rilassato come se avesse appena terminato un massaggio all’olio di
karité.Diego Fasolis è una delle ricchezze culturali del Canton Ticino, musicista di rara poliedricità, noto al grande pubblico per il sodalizio artistico con Cecilia Bartoli che ha portato a trionfi mondiali e memorabili incisioni discografiche, e i suoi Barocchisti sono strumentisti eccellenti e tutti potenziali solisti, come hanno dimostrato l’oboista Paolo Grazzi e il fagottista Michele Fattori nel brano vivaldiano d’inizio serata che li ha visti protagonisti. La mano di Fasolis restituisce all’ascoltatore tutto il mistero della musica barocca, la sua inquietante energia, le sonorità complesse ed evocative, i silenzi e le accelerazioni adrenaliniche del genio di Vivaldi, capace di colpire nell’immaginario un uomo come Bach che molto lo ammirava. Alcuni momenti del “Gloria”, la composizione sacra più popolare del veneziano, scelta come unico brano della seconda parte del concerto, sono stati di pura libidine sonora, tanto Fasolis è riuscito a unire in maniera quasi magica le sonorità dell’orchestra con quelle del coro, e ad accompagnare con sospirosa leggerezza le voci delle due brave soliste, il soprano Giulia Semenzato e il mezzosoprano Miriam Albano, specialiste acclamate del canto barocco.Applausi “a tinchité”, due bis, con Fasolis che ringrazia e dice che in realtà avrebbe voluto eseguire l’“Oratorio di Natale” di Johann Sebastian Bach ma sarebbe costato troppo, così il secondo “encore” lo dedica proprio al capolavoro del tedesco, concedendo al pubblico uno spizzico di meraviglia. Anche in Svizzera la cultura fatica e ciò, per noi disastrati senza speranza, è in fondo una piccola consolazione.













