L’ex Brancaccio e i suoi ricordi: «Vengo a Varese ed è pelle d’oca»

Idolo del Franco Ossola dal 1995 al 2000, il portierone non dimentica il passato

Domenica, che domenica. Il Varese è tornato al successo in campionato sotto gli occhi di un grande ex che, suo malgrado, ha portato fortuna ai biancorossi. Parliamo di Maurizio Brancaccio, un idolo da queste parti sul calare degli anni novanta (dal 1995 al 2000), quando difese i pali magici del Franco Ossola indossando la maglia del Varese. Stando ai racconti di tanti tifosi, uno dei portieri più forti che sia mai transitato da queste parti. Bene, torniamo al punto: domenica era al Franco Ossola, per una volta non a tifare Varese, ma in quanto preparatore dei portieri dell’OltrepoVoghera. La sua presenza non è passata inosservata, non poteva essere altrimenti, così lo abbiamo intervistato per parlare del Varese che fu ma anche di quello attuale.

Non era la prima volta, perché già nella stagione immediatamente successiva al mio addio da calciatore al Varese, tornai qui in campionato con l’Alzano, senza però giocare perché ero infortunato. Poi non ho più avuto modo di tornarci, però andai allo Stadio Olimpico di Torino per la partita del ritorno in Serie B, quando il Varese vinse 1-2 con gol di Buzzegoli e Neto Pereira. Però è stata una grossissima emozione tornare a Varese, perché quei colori, quella città, quei tifosi mi sono rimasti nel cuore e l’accoglienza che ho ricevuto mi ha molto emozionato. Constatare di aver lasciato un bel ricordo penso sia un motivo di soddisfazione. A Varese ho dato tanto e ho ricevuto altrettanto. Negli anni lontano da qui sono rimasto in contatto con tanti amici, tra cui Enzo Rosa, con cui ci siamo sentiti anche quando ho scoperto che era diventato un dirigente.

Sono stati anni importanti, in cui abbiamo giocato stagioni esaltanti. Avevamo il re del mercato come dirigente, Stefano Capozucca, il migliore sotto tutti i punti di vista. Pensandoci, se facessimo un elenco di tutti quelli che sono passati a Varese presi da Capozucca, sarebbe da capogiro. Tanti giovani che poi sono finiti in Serie A. Quel Varese era una squadra importante, che perse con il Cittadella lo spareggio per puntare alla Serie B. Quella con Mario Beretta fu la mia ultima stagione in panchina, poi andai all’Alzano mentre al Varese Capozucca portò un tale Stefano Sorrentino, che tutt’ora gioca in Serie A.

Sì, ho visto Neto quando è arrivato, lo vidi segnare al suo esordio in B a Torino. L’accoglienza dei tifosi mi ha fatto piacere, sono attestati di stima che ho poi ricevuto anche su Facebook che non possono non rendermi orgoglioso. Tornerò sempre con piacere qui, tra me e questa gente si è instaurato un legame speciale che mi emoziona ogni volta.

Partiamo da lontano, nel 2004, esattamente dodici anni fa, ho subito un trapianto e nel luglio dell’anno dopo, nel 2005, ho iniziato a fare il preparatore dei portieri nel Casale, una società in cui avevo già trascorso cinque anni da calciatore e che mi ha dato la possibilità di tornare sul rettangolo verde dopo la malattia. Da quel momento in poi, ho girato tanto, fino ad arrivare l’anno scorso ad Acqui, in D, ed ora all’OltrepoVoghera, in questa mia prima stagione qui.

In settimana non avevamo creduto alle voci che parlavano di un Varese in crisi, in difficoltà. Quella che ho visto domenica è una grande squadra che potrà puntare a vincere il campionato, è inutile nascondersi. É una grande squadra perché vincere in una categoria nuova non è mai semplice, mentre io ho visto una squadra importante, con giocatori di qualità che la possono portare davvero in alto. Le difficoltà ci saranno, però c’è anche personalità. Ho ripreso a seguire il Varese da vicino quando è rinato in Eccellenza, sentendo anche Enzo Rosa, ed il loro tentativo di riportare questi colori nel calcio che conta. La strada intrapresa mi sembra quella giusta.