«Al Varese per sempre? Io dico sì»

Giampaolo Calzi è un figlio di Masnago ed è già un leader della squadra: «Questa maglia è diversa dalle altre»

Otto anni di settore giovanile biancorosso – prima di girare l’Italia in lungo e in largo tra i “pro” – poi, finalmente, la maglia del cuore. Da indossare, con orgoglio; da sudare, fino all’ultimo istante; da difendere, in battaglia al fianco dei compagni; e da amare, con una certezza: «Se il Varese mi chiedesse di restare a vita? Vado in sede domattina, mi siedo e firmo».

Se i tifosi biancorossi cercavano un leader, il direttore Merlin gliel’ha portato. Oltretutto con la sua stessa complicità («Ho rifiutato la Triestina, volevo solo il Varese. Mauro Milanese non mi vuole più granché bene…»), visto che sognava di giocare sul prato verde del Franco Ossola da quando lo guardava dagli spalti a 13 anni. Se i tifosi biancorossi cercavano uno di loro, l’hanno trovato: è Giampaolo Calzi.

Partiamo dal Borgosesia, squadra di valore e organizzata: è seconda e non è un caso. Il fatto di aver giocato in 10 non è un alibi: in carriera mi è capitato tante volte di recuperare, e anche di vincere, con l’uomo in meno. In realtà eravamo in difficoltà anche in 11: partita nata male e finita peggio, anche se il 2 e il 3-0 sono arrivati quando, sbilanciati, stavamo provando a recuperare.

In quella partita ha giocato chi ha trovato meno spazio, affrontando la partita secondo me con un buon approccio. Certo, uscire ai rigori brucia. E sì, mi dispiace: la Coppa Italia è una competizione prestigiosa, soprattutto se riesci ad arrivare in fondo.

Il Varese corre. Ma, in certi momenti, l’ha fatto male: credo sia una questione di atteggiamento. In estate abbiamo fatto un lavoro fisico importante. Forse, quando giochi sotto pressione, normale in una piazza come Varese, non sempre riesci a fare bene certe cose, anche quelle facili.

No, perché fino a quel momento il Varese aveva fatto la sua parte. Forse ha creato poco, ma da squadra cinica ha portato a casa i punti. La delusione maggiore è stata la partita col Borgosesia: tre gol al Franco Ossola, dopo un campionato intero senza mai una sconfitta… Lo capisco e i tifosi sono liberi di dire la loro: è normale che chi viene allo stadio voglia vedere belle partite. E voglia anche vincere, soprattutto in una piazza come questa.

Sicuramente un uomo in più a centrocampo ha aiutato tutti. Penso a Giovio in primis, sgravato dal doversi abbassare troppo e, così, ancora più libero di supportare Scapini, alternandosi con Rolando sul vertice basso degli avversari. Quindi sì, ci ha agevolato, anche perché andando a prendere i loro terzini con due mezz’ali aggressive ci siamo alzati di 30 metri. Ma a prescindere dai moduli ha fatto la differenza arrivare feriti da due sconfitte: ha cambiato l’atteggiamento, siamo entrati in campo subito pronti alla battaglia.

Sì, negli ultimi anni ho sempre giocato a 3. Quello che conta di più, per me, è essere riuscito finalmente ad allenarmi con continuità: credo di aver lasciato alle spalle qualche acciacco che mi portavo dietro da un po’.

Vero. E al gol di Scapini è stata un’emozione indescrivibile: un boato, con tutti tifosi, in tribuna e in curva, in piedi a esultare.

Il pubblico si è già abituato a vedere due leader in campo: Ferri e Calzi.

Avere qualche anno di esperienza alle spalle conta. Come per Michele, anche per me viene sempre prima il gruppo, l’amicizia: per i compagni mi butterei nel fuoco. Quando i giovani vengono aiutati, a loro volta danno il loro aiuto, decisivo: se riesci a togliergli un po’ di pressione, facendoli giocare con la mente più libera, allora fanno la differenza.

Devono capire che hanno davanti una squadra che ha fame e che vuole arrivare il più in alto possibile. Dobbiamo essere orgogliosi di indossare questa maglia, diversa dalle altre: lo pensavo da piccolo, lo penso ancora. Quando quest’estate è passato l’ultimo treno per venire qui l’ho preso al volo: spero di lasciare qui un segno importante.

Gara difficilissima. Li conosco, anche perché in settimana leggo e mi documento su ogni avversario: il Bra è attrezzato. Guai ad affrontare la partita nel modo sbagliato: loro sono feriti, noi non dobbiamo specchiarci dopo la bella vittoria con l’Oltrepovoghera. Anzi, dobbiamo andare lì e dargli la mazzata da ko.

Sai cosa ti dico? la serie D è più difficile della Lega Pro. E vincere la serie D è molto più difficile che salvarsi in Lega Pro. Partite scontate non ce ne sono, soprattutto in questo girone, il più difficile in assoluto. In Lega Pro c’è più qualità, ma meno ritmo. Qui invece tutti giocano a viso aperto. E per vincere.

Certo! Sono contento degli assist e a Scapini ho detto che dopo avergli regalato due dei suoi tre gol adesso devo pensare un po’ a me… Comunque quello a cui tengo è la squadra e i ragazzi, già diventati amici. Nella difficoltà ci siamo stretti, uniti, usciti a testa alta per reagire. Fare fatica per poi gioire è la cosa più bella, soprattutto quando il lunedì apri il giornale… A livello personale sono felice, mi è tornato entusiasmo, mi diverto, vado al campo col sorriso: la base del successo.

Firmo domattina, a prescindere da tutto. Categoria, obiettivi, rimborsi… Tutto. Vado in sede, mi siedo e firmo.