Potrebbe piovere, direbbe il grande (“Frankenstein Junior”: capolavoro), se fosse co-protagonista dell’estate assurda del Varese e gli chiedeste cos’altro di peggio può capitare, a questo punto di una . Un film mai visto a queste latitudini, che un po’ fa allibire e molto fa arrabbiare. Perché – in buona fede o no non sta a noi stabilirlo, anche se un’ideuzza ce l’avremmo -, si sta trattando senza cautela una cosa
bella e fragile che ci riguarda tutti. Il problema non è morire: ci è successo mille volte e siamo. Il Varese è così: più lo mandi giù e più si ritira su. Il problema non è questo, no: morire non ci fa paura. Il problema è come si muore, perché quella che stiamo sopportando è una sofferenza inutile, che ci saremmo volentieri risparmiati. Lo abbiamo chiesto più volte, lo ribadiamo ancora,
: lasciateci morire in pace, senza clamori, senza altre figuracce. Noi siamo come quelle bestie che quando percepiscono la fine si nascondono nella foresta e si lasciano andare. Perché di capire che cala il sipario,di accettare il destino edi affrontarlo a tu per tu, senza intermediari.
Come possa questa dirigenza, fino a ieri in difficoltà e ora pure decapitata, trovare il milione e 200mila euro necessario per chiudere le pendenze e iscriversi al campionato, è un mistero. Nessuna banca ha detto sì finora, ci sarà un perché; e cosa potrebbe cambiare da qui al 14 luglio, che è praticamente dopodomani?
Forse ieri, seppur inconsapevolmente, ha fatto l’unica cosa giusta della sua controversa gestione:. Se anche le motivazioni non erano queste, tale è il risultato.Lo stillicidio quotidiano – comune ad altre piazze, vero: ma a noi interessa un Varese che in questi anni si era sempre fatto rispettare – è deprimente e . Meglio andare nella foresta e dire stop: a che pro agonizzare in pubblico, pure negando l’evidenza che le risorse per sopravvivere non ci sono? Il 14 luglio è qui, siamo devastati: che arrivi in fretta.